L'etica in portafoglio

Anche le aziende che lavorano con responsabilità sociale, spiegano gli analisti di Morningstar, sono in grado di massimizzare i profitti. E aggiungono, sono una buona scelta per cercare rendimento. Prima di acquistarle è meglio studiarne bilanci e governance. 

Marco Caprotti 27/01/2015 | 14:45
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Meglio licenziare, arricchendo i bilanci ma mandando sul lastrico una comunità o tenere tutto il personale con il rischio di diventare meno competitivi e, in futuro, di intaccare il benessere generale? E’ con dilemmi di questo tipo che manager, investitori e azionisti hanno a che fare quando si parla di investimento socialmente responsabile (Sri).

Un concetto, questo, che varia con il tempo. Secondo una famosa definizione del 1970 dell’economista Milton Friedman, per Sri si intende: “Utilizzare le risorse per occuparsi di attività atte ad aumentare i profitti finché si agisce secondo le regole del gioco di una piena e libera con concorrenza senza utilizzare inganni o frode”.

Il problema, si è scoperto con il tempo, è che molte aziende per massimizzare i profitti non si sono fatte carico dei costi sociali delle loro azioni. Gli economisti per questo fenomeno utilizzano la definizione “esternalità negativa”. L’esempio classico è quello di una centrale a carbone che sparge i suoi fumi nell’aria contribuendo in questo modo all’aumento delle piogge acide, rendendo l’area circostante meno appetibile dal punto di vista abitativo e riducendo i valori immobiliari. Siccome la società che gestisce l’impianto (in mancanza di una regolazione precisa) non sopporta i costi di questa situazione, si può concentrare sulla massimizzazione dei profitti.

Responsabilità e profitti
Ma un atteggiamento irresponsabile, alla lunga, può danneggiare i guadagni. Un caso diventato ormai di scuola è quello della Nike che, negli anni ’90 ha fatto i conti con un boicottaggio da parte dei consumatori a causa delle pessime condizioni di lavoro con cui operavano alcuni fornitori. I clienti, insomma, hanno fatto leva sul loro potere d’acquisto per cercare di cambiare la situazione. “Proprio per evitare questo tipo di problemi, molte aziende hanno definito le loro pratiche di responsabilità sociale in maniera più ampia rispetto a quella espressa da Friedman per minimizzare gli impatti anche quando non sono obbligate a farlo”, spiega Alex Bryan, analista di Morningstar. “Un sistema di questo tipo, nel lungo periodo, può anche portare a una massimizzazione dei profitti. A patto, però, che gli investimenti responsabili siano fatti in maniera oculata”.

Un approccio attivo, in questo senso, è quello delle aziende che si danno delle regole per evitare futuri problemi, ad esempio, con organizzazioni non governative che potrebbero danneggiare le vendite e il valore di un marchio. Per evitare questo rischio, la catena di caffetterie Starbucks, ad esempio ha sviluppato degli standard con l’associazione Conservation International per approvvigionarsi di materie prime coltivate da produttori che rispettano l’ambiente seguendo parametri verificati da agenzie indipendenti. In alcuni casi un approccio socialmente responsabile può aiutare a ridurre i costi. Grazie al miglioramento dell’efficienza energetica nei processi di produzione, Dow Chemical è riuscita a risparmiare 400 milioni di dollari dal 2005 al 2013. “Certo, non sempre le cose vanno così bene”, dice Bryan. “Un’azienda deve essere in grado di bilanciare i costi per la responsabilità sociale con i benefici per loro e per la comunità”.

Occhio a bilanci e governance
Cosa significa tutto questo per un investitore di Borsa? “Molti clienti sono disposti a pagare di più per beni e servizi prodotti in maniera socialmente responsabile perché li fa sentire meglio. Questo, alla lunga, si riflette sui bilanci societari”, dice l’analista di Morningstar. “E, siccome le pratiche di Sri possono cambiare la percezione che i clienti hanno di un marchio e condizionarne gli acquisti, i soldi spesi dalle aziende per queste operazioni possono essere visti come investimenti pubblicitari. E’ importante che le società prese in considerazione abbiano una buona corporate governance che renda chiaro e trasparente come vengono utilizzati i soldi. Un’idea può anche essere quella di seguire società che sono in portafoglio a fondi che investono seguendo criteri di responsabilità sociale che spesso fanno pressioni sul management delle aziende affinché migliorino i loro standard”.

 

Le informazioni contenute in questo articolo sono esclusivamente a fini educativi e informativi. Non hanno l’obiettivo, né possono essere considerate un invito o incentivo a comprare o vendere un titolo o uno strumento finanziario. Non possono, inoltre, essere viste come una comunicazione che ha lo scopo di persuadere o incitare il lettore a comprare o vendere i titoli citati. I commenti forniti sono l’opinione dell’autore e non devono essere considerati delle raccomandazioni personalizzate. Le informazioni contenute nell’articolo non devono essere utilizzate come la sola fonte per prendere decisioni di investimento.

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Info autore

Marco Caprotti

Marco Caprotti  è Giornalista di Morningstar in Italia.

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