Chi guadagna con il QE di Draghi

Secondo gli operatori con l'operazione della Bce c'è il rischio di un calo generalizzato dei rendimenti obbligazionari in tutta la regione e di un ulteriore restringimento dei differenziali dei titoli di Stato dei paesi periferici. Occhio ai bond italiani. L'high yield è interessante. 

Marco Caprotti 15/01/2015 | 15:54
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“Dovesse diventare necessario affrontare ulteriormente i rischi di un periodo troppo prolungato di bassa inflazione il consiglio direttivo è unanime nel suo impegno a usare ulteriori strumenti non convenzionali nell'ambito del proprio mandato”. Non ha lasciato dubbi sulle sue intenzioni il presidente della Bce, Mario Draghi, nemmeno nella sua risposta a un’interrogazione dell’europarlamentare Luke Flanagan sulle manovre preparate dall’Eurotower per spingere l’economia. Resta da capire se il tanto atteso (dai mercati) Quantitive easing, cioè il programma di acquisto di titoli di Stato (per un ammontare di 500 miliardi di euro o superiore), partirà davvero con la riunione del direttivo dell’istituto in calendario per il 22 gennaio e quali effetti avrà sui portafogli degli investitori.

I numeri dicono Qe
Intanto la Corte di giustizia europea ha dato il suo via libera ponendo alcune condizioni: la Banca dovrà illustrare le circostanze straordinarie che richiedono l'avvio del programma e non fornire un'assistenza finanziaria diretta al paese di cui acquista i bond.

Certo è che il tempo delle valutazioni si sta esaurendo. L’Eurozona, infatti, a inizio gennaio ha avuto la certificazione della sua entrata in deflazione. La stima flash di Eurostat per dicembre ha registrato un calo del tasso di inflazione annuale da +0,3% a novembre a -0,2%, un dato peggiore delle stime degli analisti che puntavano su -0,1%. La dinamica negativa è stata guidata dalla caduta dei prezzi dell'energia (-6,3% rispetto a -2,6% a novembre). Il periodo precedente di inflazione negativa risale alla seconda metà del 2009: cominciò a luglio con un tasso di inflazione annuale a -0,1%, seguito da -0,2% ad agosto, -0,3% a settembre, -0,1% a ottobre per poi tornare in territorio positivo.

Occhio ai periferici e agli high yield
Ma quali effetti avrà sul mercato questa operazione? “I risultati rischiano di essere un calo generalizzato dei rendimenti obbligazionari in tutta la regione e un ulteriore restringimento dei differenziali relativi ai titoli di Stato dei paesi periferici europei. I mercati obbligazionari stanno già iniziando a riflettere questo scenario e abbiamo visto i differenziali della maggior parte dei paesi periferici restringersi ai minimi pluriennali”, spiega uno studio firmato da John Taylor e Dennis Shen, rispettivamente gestore di portafoglio ed Economic Associate di AllianceBernstein (AB) . “Continuiamo a credere che un'esposizione selettiva al debito sovrano periferico possa rappresentare una componente interessante in un portafoglio obbligazionario globale ben diversificato. Nello stesso tempo pensiamo che sia importante valutare la solidità economica dei vari stati della zona euro e determinare se i fondamentali di ogni paese siano davvero riflessi nell’esposizione periferica selezionata”.

L’Italia, secondo AB, è l’esempio più evidente di un paese da prendere con le molle. “S&P ha declassato il rating del paese a BBB a causa del peggioramento delle prospettive di crescita e per via dell’elevato debito pubblico”, continua il report. “Sebbene riteniamo che il differenziale dei titoli di Stato italiani verrà stabilizzato dalle politiche della Bce - e potrebbe forse restringersi ulteriormente - valutiamo più positivamente i titoli irlandesi rispetto a quelli della Penisola a causa della sorte opposta che caratterizza il debito sovrano dei due paesi”.

Il segmento high yield, da parte sua, potrebbe beneficiare molto dell’effetto di ribilanciamento del portafoglio (la cosiddetta caccia al rendimento). “Effettivamente il mercato high yield è uno dei pochi settori in cui rileviamo valore per le obbligazioni considerato l’ampliamento degli spread negli ultimi mesi, in particolare per i segmenti a più basso rating”, spiega una nota di Chris Iggo, responsabile degli investimenti nel reddito fisso di AXA Investment Managers. “I rendimenti attuali sono ben oltre il 5,0% nei segmenti a rating B (e più bassi) del mercato high yield in Europa rispetto al 4,0% soltanto di sei mesi fa”.

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Info autore

Marco Caprotti

Marco Caprotti  è Giornalista di Morningstar in Italia.

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