Il dibattito sulla gestione attiva versus passiva rimane infuocato, con i sostenitori dell’una e dell’altra parte che difendono le loro posizioni, snocciolando statistiche e analisi. Ma una volta che si sono chiariti sui temi chiave, entrambi riconoscono che non si può ragionare in termini di “bianco o nero”, ma ci sono aspetti postivi sia nell’una che nell’altra strategia.
Sicuramente, la maggior parte dei sostenitori dell’investimento passivo riconosce che ci sono gestori attivi che fanno un buon lavoro, talvolta con un alto grado di consistenza nel tempo dei risultati. Il problema è trovarli. Per contro, i difensori dell’active investing mostrano apprezzamento per alcuni emittenti di prodotti indicizzati, come gli Etf. Per esempio, riconoscono la flessibilità e la possibilità che essi danno al vasto pubblico di accedere ad attività finanziarie un tempo riservate a pochi.
Nozze possibili?
La risposta al dibattito potrebbe essere di prendere gli aspetti positivi di entrambe le strategie e fonderli in una sola. Pensiamo, ad esempio, agli “active Etf”, strategie di investimento attivo impacchettate in Etf. Questi strumenti non vanno confusi con gli “strategic beta”, che replicano la performance di un indice non tradizionale, perché il loro obiettivo è di ottenere un ritorno superiore al benchmark. In altre parole, aspirano a fornire alpha.
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