Utility, la sfida dell’autoproduzione

Le nuove tecnologie mettono in pericolo la posizione di vantaggio delle aziende di servizi di pubblica utilità. Ma i rischi possono trasformarsi in opportunità. Come spiegano gli analisti di Morningstar in uno studio sul settore.  

Morningstar 10/09/2014 | 10:45
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Investitori attenti: le nuove tecnologie potrebbero cambiare il volto delle utility così come le conosciamo oggi. La possibilità di produrre energia in loco, attraverso pannelli solari, piuttosto che turbine eoliche, e di rivendere eventualmente quella in eccesso (cosiddetta Distributed generation) aumenta la concorrenza nel settore e rischia di intaccare la posizione di vantaggio dei grandi operatori.  Le utility dovranno ripartire il costo per il funzionamento delle centrali elettriche e della rete su un numero sempre più limitato di clienti e questo le costringerà ad alzare le tariffe se vorranno mantenere inalterati i margini di profitto. Ma la crescita del prezzo dell’energia avrà come effetto quello di invogliare una quota sempre più crescente di famiglie e imprese a rendersi indipendenti.

Il moat nelle utility
Le aziende che forniscono servizi di pubblica utilità come acqua ed energia elettrica godono di una specie di monopolio territoriale.  Gli enti locali stipulano con loro contratti di esclusiva, ma in cambio calmierano le tariffe per l’erogazione delle prestazioni alla clientela. In questo modo le utility hanno una base di clienti sufficientemente elevata per ammortizzare i costi fissi delle loro attività e, nonostante non siano libere di fissare autonomamente il prezzo delle prestazioni, le tariffe previste dalle autorità regolamentari garantiscono un rendimento del capitale almeno sufficiente a ripagare il costo degli investimenti e a remunerare gli azionisti. Solo i produttori di energia nucleare, a nostro avviso, vantano una posizione di vantaggio competitivo. Essi, infatti, riescono a mantenere i costi di produzione molto più bassi rispetto a quelli che invece ottengono energia da combustibili fossili, come ad esempio il carbone. In più gli elevati costi di investimento e le problematiche relative alla costruzione di nuove centrali nucleari li mette al riparo dall’ingresso di nuovi competitor. 

La diffusione della “autoproduzione” (o Distributed generation, DG) rischia però di innescare una spirale negativa che minaccia la profittabilità del settore. Essi, infatti, sottraendo clienti delle utility costringono queste ultime ad alzare i prezzi al fine di mantenere stabili i propri margini, ma questo rende ancora più conveniente l’adozione di pannelli solari e altri distributori simili, creando in questo modo un circolo vizioso che si autoalimenta.  C’è solo un modo in cui le aziende del settore possono continuare a mantenere stabili i loro rendimenti nonostante il calo della domanda ed è quello di limitare al massimo gli investimenti nella rete fino ad azzerarli. Questo garantisce agli investimenti un ritorno sufficiente ma per un lasso di tempo limitato alla durata fisica degli asset dell’azienda.

Se è vero che al momento i DG rappresentano una piccola fetta della produzione di energia elettrica nel mondo (solo l’1% di quella statunitense), si stima che grazie ai finanziamenti statali e alle nuove tecnologie che ne abbasseranno i costi, in futuro diventerà sempre più conveniente produrre autonomamente. Negli Stati Uniti questo processo potrebbe manifestarsi nei prossimi anni, mentre nel Vecchio continente molte società sono già costrette a cambiamenti radicali se vogliono rimettere in piedi il loro business.

Come salvaguardare il business
I DG, però, hanno bisogno a loro volta di centrali elettriche sia per vendere loro l’energia in eccesso che per comprarla nel caso in cui la produzione non sia sufficiente e questo dà alle utility del settore la possibilità di sopravvivere al cambiamento tecnologico.  Un’attenta pianificazione degli investimenti in modo da integrare i DG nella rete potrebbe infatti ridurre l’esigenza di aggiungere nuova potenza alle centrali e allo stesso tempo soddisfare i nuovi parametri di produzione di energia da fonti alternative.

Un esempio, in questo senso, è fornito da RWE. Dopo che i suoi utili sono crollati a causa delle sovvenzioni statali a favore delle energie rinnovabili, l’utility tedesca ha cambiato strategia puntando ad aiutare i soggetti privati a gestire e a integrare i loro distributori di energia nella sua rete e questo ora le garantisce flussi di cassa che in qualche modo compensano il calo della sua clientela.

Di seguito segnaliamo i titoli di alcune società che a nostro avviso trarranno vantaggio dalla diffusione dei DG. Consigliamo agli investitori di stare alla larga da quelle società che operano in regimi regolamentati che non garantiscono loro un sufficiente ritorno dei loro investimenti, poiché il calo della domanda di energia da parte dei grandi operatori come le imprese si trasformerà in una compressione dei margini di profitto come è successo nel caso di RWE e E.On.

I vincenti…

NRG Energy  
David Crane, l’amministratore delegato di NRG Energy, è stato uno dei più capaci a individuare i trend del settore e a sfruttarli a suo vantaggio per creare valore per gli azionisti. E’ stato uno tra i primi a capire l’entità della minaccia che i DG avrebbero portato al business delle utility. Anche l’azienda americana è fortemente esposta al rischio derivante dall’espansione dei distributori di energia, dato che le sue centrali sono alimentate a carbone e a gas naturale e che i suoi asset nel segmento delle energie rinnovabili perderebbero valore nel caso di diffusione delle nuove tecnologie. Nonostante ciò il management ha puntato alla diversificazione delle attività, allontanandosi dal business tradizionale della produzione da centrali elettriche per investire nel trasporto sostenibile (es. veicoli elettrici), in infrastrutture eco-compatibili come pannelli solari per abitazioni e contatori intelligenti e nell’offerta di energia al dettaglio a favore dei DG. Il gruppo statunitense riesce a servire i privati possessori di pannelli solari e di altri distributori, grazie all’efficienza del suo segmento retail, rafforzata dall’acquisizione dell’azienda americana Reliant Energy nel 2009. Questa, insieme ad altre operazioni di M&A, hanno reso NRG Energy uno dei principali fornitori di energia elettrica, diventando il partner ideale per i privati e le imprese che volessero adottare un distributore di energia. Nei prossimi anni le performance del gruppo continueranno a dipendere dal business storico della produzione di energia da centrali a combustibili fossili, ma nel lungo periodo gli investitori dovrebbero fidarsi della capacità del management di NRG Energy di individuare dei segmenti di business che garantiscono elevati rendimenti del capitale.

 

Edison International
La controllata di Edison International attiva nel sud dello stato della California (Southern California Ediosno, SCE) è riuscita a negoziare con le autority federali delle tariffe che tengono conto del costo che le utility sopportano per l’erogazione dei loro servizi. L’accordo, inoltre, le garantisce anche un canone fisso da parte dei suoi abbonati e dagli utilizzatori di DG, che vogliono mantenere un collegamento con le centrali elettriche per gestire i loro surplus e deficit di energia. Questo le ha permesso di continuare a macinare margini di profitto sufficientemente alti nonostante il calo della domanda di energia e il rallentamento della crescita degli abbonati. Tra il 2007 e il 2012, gli utili del gruppo statunitense sono cresciuti mediamente del 15%. Nei prossimi tre anni tale percentuale è destinata a scendere al 7% e ad essere ancora più bassa nel futuro, se l’adozione di DG dovesse salire in maniere prepotente . La capacità del management di adeguare le esigenze di capitale permetterà all’azienda di mantenere stabile il tasso di rendimento degli investimenti. Le intenzioni dell’utility americana sono quelle di continuare ad investire nella diversificazione delle sue attività ed è in questa ottica che si spiega l’acquisizione di SoCore Energy, una società specializzata nello sviluppo delle relazioni con gli utilizzatori di DG (attività commerciali e industriali), di Optimum Energy, una società di ottimizzazione energetica, e della società finanziaria Clean Power Finance.

SunPower  
SunPower produce e installa pannelli solari ed è partecipata nel capitale sociale dalla compagnia energetica francese Total.  I suoi pannelli presentano il più alto tasso di conversione di energia ed è quindi destinata a beneficiare dell’espansione dei DG. Tuttavia i nostri analisti sono convinti che il suo valore sia già incorporato nelle attuali quotazioni di mercato. L’azienda americana ha beneficiato negli anni scorsi degli elevati sussidi governativi alla produzione di energia da fonti rinnovabili mentre ora uno dei suoi mercati di riferimento è il Giappone (25% delle sue commesse) che, dopo il disastro nucleare di Fukushima, ha iniziato a investire con decisione sulle fonti energetiche alternative.  Quello che ci preoccupa, però, è la sostenibilità del suo modello di business. In Giappone sta montando una bolla nel settore dell’energia solare e il suo scoppio è solo una questione di tempo. I sussidi federali sono visti in diminuzione non solo negli Usa, ma anche negli altri paesi man mano che cresce la quota di energia prodotta dal fotovoltaico. I margini di profitto di SunPower, quindi, sono destinati a calare nei prossimi anni.

… e i perdenti

Dynegy  
Dynegy è una utility dell’energia attiva negli stati a Nord est e a ovest degli Stati Uniti e in quelli del Midwest. I nostri analisti non attribuiscono all’azienda alcun vantaggio competitivo dato che il suo modello di business, centrato sulla commercializzazione di energia elettrica prodotta dalle sue centrali a carbone e gas naturale, rende i margini di profitto fortemente dipendenti dall’andamento del prezzo delle materie prime. Le preoccupazioni maggiori derivano dalle attività legate al carbone, dalle quali genera circa la metà della sua produzione. L’avvento della nuova tecnologia rischia di penalizzare questo segmento in quanto le centrali a carbone non riescono  a rispondere con prontezza alle esigenze dei DG che vogliono integrare il loro fabbisogno energetico.

Exelon
Allo stesso modo di Dynegy, anche le centrali nucleari di Exelon soffrono dello stesso problema di non riuscire a rispondere con prontezza alle esigenze di energia da parte dei DG. Exelon, da parte sua, ha però il vantaggio di essere il più grande produttore di energia nucleare e questo le permetterà di mantenere prezzi estremamente competitivi nei suoi mercati di riferimento, quali gli stati del Midwest e quelli sulle sponde dell’Atlantico. Il basso costo dell’energia e le condizioni non favorevoli per l’adozione di impianti solari in queste regioni la mettono al riparo, almeno per il momento, dalla minaccia che l’utilizzo di distributori di energia possa incidere negativamente sul suo fatturato.

Pinnacle West  
Pinnacle West è una holding che conduce gran parte del suo business attraverso la controllata Arizona Public Service (APS), una utility che fornisce energia elettrica ai consumatori dello stato a sud degli Stati Uniti. Recentemente l’azienda ha raggiunto un accordo con l’autority federale per un rimborso a suo favore calcolato in base al consumo mensile degli utenti che utilizzano pannelli solari. Una misura, questa, che nonostante sia inferiore alle richieste di APS potrebbe funzionare temporaneamente da freno all’espansione dei distributori di energia in Arizona.  Negli ultimi anni il miglioramento dei conti le ha permesso di aumentare i dividendi a favore degli azionisti, ma sul business di APS grava l’incertezza sui futuri accordi con l’autority a proposito di rimborsi e tariffe energetiche.  

Le informazioni contenute in questo articolo sono esclusivamente a fini educativi e informativi. Non hanno l’obiettivo, né possono essere considerate un invito o incentivo a comprare o vendere un titolo o uno strumento finanziario. Non possono, inoltre, essere viste come una comunicazione che ha lo scopo di persuadere o incitare il lettore a comprare o vendere i titoli citati. I commenti forniti sono l’opinione dell’autore e non devono essere considerati delle raccomandazioni personalizzate. Le informazioni contenute nell’articolo non devono essere utilizzate come la sola fonte per prendere decisioni di investimento.

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