Meglio togliere dai radar la Federal Reserve. Le decisioni di politica monetaria della Banca centrale Usa, spiegano gli analisti, non sono più così importanti per l’andamento della prima economia mondiale. E’ preferibile, aggiungono, concentrare l’attenzione su altri indicatori che possono dare segnali più chiari sulla direzione che prenderà quella che è ancora considerata la locomotiva dei mercati globali. “Il ruolo della Fed è stato determinante nell’aiutare gli Stati Uniti a uscire dalla crisi”, spiega Bob Johnson, direttore della ricerca economica di Morningstar. “Ha fatto un ottimo lavoro dando una mano alle banche nel processo di ricapitalizzazione dopo la crisi dei subprime. Questo ha permesso agli istituti di ritornare a dare prestiti e l’economia, poco alla volta, si è stabilizzata”.
La Fed, le imprese e le famiglie
Il miglioramento permette alla Banca centrale Usa di mettersi da parte e lasciare al mercato il compito di sostenersi. “Mettiamoci nei panni di un imprenditore o di una famiglia”, dice Johnson. “Il fatto che i tassi a breve termine siano allo 0,25% o allo 0,50% e che quelli a lungo siano al 2,5% o al 3% non fa una grande differenza quando deve chiedere un prestito. Certo, il costo del denaro può crescere un po’, ma non è questo a determinare l’andamento della Borsa soprattutto nel medio e breve termine. Ci sono altri elementi più importanti come la fiducia dei consumatori, il livello dei salari e la disoccupazione. Tre fattori che incidono sui consumi – e di conseguenza sull’andamento dell’economia e della Borsa - più delle decisioni della Fed”.
La corporate America, nel frattempo, mostra uno stato di salute invidiabile. “I tassi di default sono ai minimi storici”, spiega Michael Memory, product specialist income & growth di Allianz Global Investors. “L’utilizzo della leva si mantiene a livelli contenuti e l’indice di copertura degli oneri finanziari è vicino ai massimi storici”.
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