Un'altra bolla Made in Usa

Gli operatori lanciano l'allarme sulla crescita dei prestiti delle banche americane alle aziende. Conviene studiare i bilanci. E fare attenzione a rating e valutazioni. 

Marco Caprotti 21/01/2014 | 15:55
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L’allarme va preso sul serio, se non altro per la delicatezza dell’argomento: gli Stati Uniti si starebbero avvicinando allo scoppio di un’altra bolla finanziaria. Questa volta a gonfiarla non è il comparto immobiliare, come successo nel 2006-2007, ma i prestiti alle imprese (i cosiddetti C&I, Commercial & Industrial loan). “Negli ultimi due anni le banche americane hanno abbassato il tetto delle garanzie richieste alle aziende per ottenere una linea di credito”, spiega Jim Sinegal, analista di Morningstar. “Solo il tempo ci dirà quanto è grande questa bolla che si sta formando. Ma, secondo noi, un gruppo di istituti finanziari ha già raggiunto un livello pericoloso di C&I loan. Consigliamo agli investitori di fare attenzione a tenere in portafoglio questi titoli. Soprattutto se i valori sono alti”.

Quanto è preoccupante questa situazione?
A seguito della crisi finanziaria scatenata dai mutui subprime (quelli di scarsa qualità), le banche hanno iniziato a fornire prestiti alle aziende. E questo per diverse ragioni. La tempesta immobiliare, fra i vari risultati ha avuto anche quello di azzerare la richiesta (e più spesso la concessione) di mutui per la casa. I banchieri si sono così trovati nella condizione di dover cercare rendimento percorrendo altre strade. La principale è stata quella dei prestiti alle imprese. Il fenomeno è diventato particolarmente imponente a partire dal 2010 anche a causa delle pressioni della politica che ha imposto alle banche di non chiudere i rubinetti per dare un a mano alla ripresa economica, anche come ringraziamento per l’aiuto statale che hanno ricevuto nel 2008-2009.

“Da allora si è assistito a un aumento dei prestiti a fronte di un abbassamento delle garanzie richieste” continua l’analista. Fino al 2012 la concessione di credito è aumentata del 10% annuo per poi scendere all’8% alla fine dell’anno scorso. I prestiti commerciali delle banche Usa oggi ammontano a 1.600 miliardi di dollari e al momento non è chiaro quanto di questa cifra rientrerà nelle casse degli istituti finanziari. Le banche, da parte loro, non sembrano avere nessuna intenzione di fermarsi.

Nel Beige Book redatto dalla Federal Reserve a ottobre dell’anno scorso, si dice che alcune Fed locali (Cleveland, Richmond, Philadelphia, Chicago e Dallas) hanno registrato un abbassamento dei costi dei prestiti offerti. In altre parole c’è in atto una guerra concorrenziale sui prezzi. “In questa situazione le grandi banche sono quelle che fanno gli sconti maggiori perché sono convinte di poter sopportare meglio i rischi rispetti ai concorrenti più piccoli”, dice Sinegal.

I campanelli d’allarme
Per il futuro molto dipenderà da quanti di questi crediti diventeranno inesigibili per difficoltà delle aziende debitrici. Secondo i dati della Fed negli ultimi 30 anni le crisi del segmento bancario Usa sono avvenute quando i C&I inesigibili (detti bad loan) formavano almeno il 6% dei prestiti iscritti a bilancio. “Fra le banche che copriamo con la nostra analisi, solo sei sono oggi al di sotto di quel livello”, dice l’analista. Come si può fare per individuare gli istituti più a rischio? “Un campanello d’allarme dovrebbe suonare se, a partire dal 2010, i prestiti concessi da una banca alle imprese fossero cresciuti del 10% all’anno” risponde l’analista. “Un altro segnale preoccupante è se i bad loan rappresentano l’8% dei C&I”.

Le scelte operative
Dal punto di vista operativo tutto questo non significa che bisogna disfarsi delle banche americane. In passato i problemi con i prestiti alle aziende si sono avuti per le difficoltà incontrare da singoli segmenti dell’economia come nel 2001 con il crollo delle aziende tecnologiche o i tagli alla difesa all’inizio degli anni ’90. Nel complesso la congiuntura americana sembra ben avviata sulla strada della ripresa.

Detto questo, bisogna fare attenzione agli elementi di criticità ed essere pronti a muoversi di conseguenza. “Un elemento da seguire sono i credit rating di Morningstar. “I nostri sistemi di analisi, che partono da stress test in cui cerchiamo di analizzare la solvibilità dei clienti delle banche e le loro probabilità di default in passato hanno dimostrato di essere una buona cartina di tornasole sullo stato di salute degli istituti”, dice Sinegal. “Bisogna poi fare attenzione a quegli istituti in cui i mancati pagamenti delle rate dei prestiti sono più alti della media del settore. Soprattutto in un momento in cui l’economia sta andando bene. Occhio poi alle valutazioni che sembrano inconsistenti con l’ammontare dei C&I loan. In questo senso può aiutare il rating Morningstar, evitando i titoli delle banche che hanno un giudizio di due stelle”.

Al momento gli analisti sono cauti su Regions Financial che sta facendo crescere il portafoglio dei prestiti alle aziende agli stessi livelli registrati prima della crisi dei subprime. Le azioni, peraltro, trattano a premio rispetto al fair value. Altre due osservate speciali sono City National e Svb Financial. “Tutte e due sono esperte nel campo dei C&I loan ma il numero di linee di credito aperte potrebbe rivelarsi difficile da gestire”, spiega Sinegal. “Le valutazioni consiglierebbero di alleggerire le posizioni, ma forse vale la pena aspettare la manifestazione di segnali di problemi nello stato della California dove i due istituti hanno la fetta di mercato maggiore”. 

Le informazioni contenute in questo articolo sono esclusivamente a fini educativi e informativi. Non hanno l’obiettivo, né possono essere considerate un invito o incentivo a comprare o vendere un titolo o uno strumento finanziario. Non possono, inoltre, essere viste come una comunicazione che ha lo scopo di persuadere o incitare il lettore a comprare o vendere i titoli citati. I commenti forniti sono l’opinione dell’autore e non devono essere considerati delle raccomandazioni personalizzate. Le informazioni contenute nell’articolo non devono essere utilizzate come la sola fonte per prendere decisioni di investimento.

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Info autore

Marco Caprotti

Marco Caprotti  è Giornalista di Morningstar in Italia.

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