Commodity all'esame di maturità cinese

L'ex Celeste impero muove verso un'economia più orientata ai consumi. Il nuovo modello di sviluppo modificherà le gerarchie all'interno del mercato delle materie prime. 

Francesco Lavecchia 22/08/2013 | 16:22
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Per la Cina è arrivato il momento di diventare grande. Ma chi pagherà il prezzo della sua maturità?

Nell’ultimo trentennio Pechino ha scalato il ranking delle maggiori economie del mondo, grazie ad un modello di sviluppo alimentato dagli investimenti: dal 2000 al 2010 l’impiego di capitale fisso è aumentato del 265% a dispetto di un +106% dei consumi e questo ha rappresentato un esempio unico di crescita sbilanciata all’interno del panorama mondiale.

Gli effetti del boom
Tra gli effetti più evidenti di questa politica c’è il sovra-dimensionamento infrastrutturale e produttivo, nonché la crescita sproporzionata dello spazio residenziale nelle aree urbane. I numeri dicono che in Cina viaggia la metà delle auto presenti negli Usa, ma la rete autostradale è circa il 25% più grande di quella statunitense, nonostante i due paesi abbiano un’estensione territoriale simile. La sua produzione annua di acciaio, che si aggira intorno ai 200 milioni di tonnellate, è superiore a quella di Giappone e Stati Uniti messi insieme, ovvero il secondo e terzo maggiore produttore al mondo. Mentre se si guarda al settore immobiliare si vede come dal 2006 al 2013 lo spazio residenziale sia praticamente raddoppiato, mentre la crescita della popolazione nei centri urbani è rimasta praticamente stabile.

Modello insostenibile
Un tale modello di sviluppo non può durare in eterno. Al crescere degli investimenti, infatti, il rendimento del capite tende a diminuire in maniera naturale, e questo è quello che sta accadendo anche in Cina. Il compito delle istituzioni, quindi, è quello di programmare una riconversione dell’economia del paese prima che sia troppo tardi, ovvero prima che il ritorno degli investimenti scenda sotto il costo del capitale minacciando la sostenibilità del debito del Paese. Questa operazione non è indolore. Guardando a quanto accaduto in altri paesi che hanno affrontato questo passaggio anni fa, ci aspettiamo che anche in Cina la fase di transizione sia caratterizzata non solo da un calo degli investimenti ma anche da quello dei consumi.

Crescita più bassa durante la transizione
Durante il boom degli investimenti, infatti, si è registrata una forte crescita dell’occupazione, e quindi del reddito medio della popolazione, che ha permesso alle famiglie di aumentare la loro capacità di spesa. La crescita dell’urbanizzazione, poi, ha fatto lievitare la valutazione degli immobili e questo ha contribuito ad accrescere la percezione di benessere dei cinesi in ragione dell’apprezzamento del patrimonio immobiliare. Questi due fattori sono destinati a perdere vigore durante la fase di transizione e questo motiva il nostro scetticismo sulle stime degli analisti circa il sentiero di crescita dell’economia del Paese. Al momento il Pil della Cina viaggia a un ritmo di poco superiore al 7%, mentre il Fondo monetario internazionale stima un progresso medio dell’8,4% fino al 2018 (dato del World Economic Outlook del 2013), livelli di crescita difficilmente realizzabili se il Governo di Beijing decidesse di lavorare seriamente ad un ribilanciamento della propria economia. Le nostre aspettative sono per un progresso del 5% nel medio periodo.

I consumi nel LT
Le previsioni di lungo termine per quanto riguarda i consumi, differiscono però da quelle di breve. Le attese sono per un incremento guidato da due fattori: il primo è che l’industria dei servizi riesce ad assorbire molta più forza lavoro di quanto non faccia il comparto manifatturiero; il secondo, invece, si riferisce alla progressiva riduzione del surplus di forza lavoro presente sul mercato (anche in virtù della politica di controllo demografico messa in atto dalle istituzioni), che contribuirà a far salire il salario medio.  

Le commdity vincenti 
Il nuovo modello di sviluppo avrà un impatto significativo anche sul mercato mondiale delle commodity. Sino ad ora, il boom dell’economia cinese ha premiato i metalli legati all’industria pesante (rame e zinco). In futuro, invece, acquisiranno maggior peso le materie prime legate al consumo come il palladio, utilizzato per le marmitte catalitiche della automobili, o quelle legate alla produzione di gioielli.

Dal punto di vista dell’investitore, il processo di ribilanciamento dell’economia cinese, che porterà a una flessione della domanda di materie prime (e dei prezzi), si tradurrà in una diminuzione degli utili delle compagnie minerarie. Nonostante questo, però, le occasioni di investimento nel comparto non mancano.

I titoli da avere in portafoglio
Le preferenze dei nostri analisti sono per le società che presentano una bassa o moderata esposizione alle commodity più orientate agli investimenti o che grazie agli elevati volumi di vendita riescono a battere la concorrenza producendo a costi più bassi. Il primo gruppo è scarsamente popolato, specie se si guarda ai maggiori gruppi del comparto minerario, ma tra questi segnaliamo Anglo American, il più grande produttore mondiale di platino e diamanti. Nel secondo gruppo, molto più numeroso, riteniamo che le migliori occasioni di investimento, date le attuali quotazioni, siano rappresentate dai tre big del comparto, ovvero Rio Tinto, BHP Billiton e Vale. 

Le informazioni contenute in questo articolo sono esclusivamente a fini educativi e informativi. Non hanno l’obiettivo, né possono essere considerate un invito o incentivo a comprare o vendere un titolo o uno strumento finanziario. Non possono, inoltre, essere viste come una comunicazione che ha lo scopo di persuadere o incitare il lettore a comprare o vendere i titoli citati. I commenti forniti sono l’opinione dell’autore e non devono essere considerati delle raccomandazioni personalizzate. Le informazioni contenute nell’articolo non devono essere utilizzate come la sola fonte per prendere decisioni di investimento.

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Anglo American PLC2.495,50 GBX13,17Rating
Rio Tinto PLC Registered Shares5.392,00 GBX-1,06Rating

Info autore

Francesco Lavecchia

Francesco Lavecchia  è Research Editor di Morningstar in Italia

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