Il Sudamerica cerca la sveglia

I mercati della regione non riescono a ripartire. Colpa del rallentamento degli Usa e della crisi in Europa. La risposta può arrivare dai consumi interni. 

Marco Caprotti 28/05/2013 | 16:31
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L’America latina non riesce a trovare il ritmo giusto per tornare a crescere. L’indice Msci della regione nell’ultimo mese (fino al 27 maggio e calcolato in euro) ha perso lo 0,63%, portando a -1,17% la performance da inizio anno. Di questo passo insomma, sarà difficile anche solo avvicinarsi al +7% fatto segnare nel 2012.

Gli ostacoli per rendere difficile il cammino ci sono tutti. Le materie prime (dalla cui vendita molti paesi dell’area dipendono) registrano continui cali delle quotazioni con effetti negativi sulle entrate commerciali e, a cascata, sulla ricchezza delle famiglie. A questo vanno unite le difficoltà di ripresa degli Stati Uniti (per non parlare dell’Europa) che rappresentano il principale mercato estero per molti stati dell’area.

Il Brasile spinge con gli investimenti
I governi latinoamericani, da parte loro, non ci stanno a subire passivamente la situazione. In Brasile, ad esempio, dove i rischi di inflazione hanno ridotto le scelte di politica monetaria che la locale Banca centrale può adottare, l’esecutivo ha deciso di aumentare le spese per la costruzione di infrastrutture e di allungare il calendario degli sgravi fiscali. “Aumentare i consumi interni è diventato l’imperativo di un paese che ha visto calare di quasi il 14% le esportazioni mensili”, spiega un report di Thomas White International. “Anche le spese dei brasiliani, peraltro, stanno subendo un rallentamento per cui il governo deve fare di tutto per stimolare almeno questa voce, visto che ha i mezzi per farlo”. Il Fondo monetario internazionale, intanto, ha rivisto al ribasso le stime sulla crescita del Brasile nel 2013 portandole da +3,5% a +3%. Meglio comunque del +1% fatto segnare nel 2012 (il passo più lento tra le grandi economie emergenti).

Il Messico chiede aiuto alla Banca centrale
Le scelte dell’esecutivo sono al centro anche delle analisi che vengono fatte riguardo al Messico. Il governo guidato dal presidente Pena Nieto, in carica da dicembre dell’anno scorso, ha annunciato di voler aprire alle concorrenza settori chiave come le telecomunicazioni e l’energia. L’obiettivo è quello di renderli più efficienti nella speranza che diventino meno cari lasciando più soldi da spendere in tasca alle famiglie messicane. La strategia dovrebbe dare una mano ai consumi interni che sono arrivati a scendere anche del 2,6%. La locale Banca centrale, intanto, ha cercato di fare la sua parte tirando fuori le forbici che aveva riposto tre anni fa e tagliando il costo del denaro di 50 punti base.

In Cile tassi fermi. Per ora
Le scelte di politica monetaria sono sotto la lente degli investitori che osservano il Cile. Il paese continua a tenere i tassi di interesse ai livelli più alti dell’area Latam. Una scelta che a molti appare incomprensibile, visto che l’inflazione è al di sotto del tetto massimo del 4% fissato dalla Banca centrale. Il paese, intanto, deve fare i conti con il calo del prezzo del rame, un materiale che (da solo) contribuisce al 15% del Pil nazionale. Nelle sue ultime dichiarazioni, tuttavia, l’istituto ha ammesso che l’economia sta andando troppo a rilento e che le condizioni del credito sono molto difficili. Per questo motivo presto potrebbero esserci novità sul costo del denaro. 

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Info autore

Marco Caprotti

Marco Caprotti  è Giornalista di Morningstar in Italia.

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