I costi nascosti dell’indice

Quando un titolo entra in un paniere di riferimento, gli hedge e i trader speculano, facendo salire la quotazione. E i replicanti ne fanno le spese.

Samuel Lee 20/02/2013 | 10:27
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Il 26 gennaio 2010, Standard&Poor’s ha annunciato che Berkshire Hathaway (la società di Warren Buffett, Ndr) sarebbe entrata nell’indice S&P500. In pochi giorni, il prezzo del titolo è salito intorno ai 76 dollari dai 68 precedenti, con un incremento di circa il 12%. E’ plausibile che la notizia abbia fatto crescere il valore intrinseco dell’azienda di una simile percentuale? Lo stesso Warren Buffett riderebbe a una simile affermazione.

In realtà, a far aumentare la quotazione è stata l’attesa che i prodotti indicizzati avrebbero comprato il titolo per ottemperare al loro mandato. Gli hedge fund e i trader hanno cercato di anticipare tale mossa, con il risultato che il 12 febbraio, giorno del debutto, sono stati acquistate dagli index fund azioni per circa 20 miliardi di dollari con un premio (ossia un sovrapprezzo) del 12%.

Casi come quello di Berkshire accadono regolarmente quando ci sono cambiamenti nei panieri. Ironia della sorte, lo stesso meccanismo che fa impennare i prezzi, li fa scendere quando i fondi indicizzati vendono un titolo. Con il risultato che i gestori passivi perdono e gli hedge fund vincono. 

I costi del turnover
In uno studio del 2010, Antti Petjisto, professore dell’Università di New York, ha stimato che dal 1990 al 2005, il “costo” annuo del turnover sull’S&P500 è stato dello 0,21-0,28% e sul Russell 2000 dello 0,38-0,77%. Altri studi sono giunti a risultati simili. Questi dati mostrano che alcuni fondi indicizzati possono battere gli indici di riferimento se evitano la pressione sui prezzi che scaturisce dai processi di ribilanciamento.

Il “costo” non è di poco conto. Supponiamo che un investitore debba soffrire di un onere dello 0,30% annuo su un rendimento annualizzato del 9%. Dopo trent’anni si ritroverà con un minor ricavo dell’8%. Ecco perché un fondo indicizzato strutturato male è dannoso quanto un fondo attivo mal gestito e caro.

Evitare il peggio
Il mercato sta rapidamente cambiando, con nuovi indici che fanno capolino. Gli investitori non devono dare per scontato che i creatori dei benchmark si preoccupino dei costi di turnover. Siccome spesso incassano delle commissioni sugli asset investiti nel loro indice, hanno interesse primariamente ad accrescere il patrimonio il più possibile. Sono gli investitori che devono prestare attenzione a quanto i loro ritorni sono erosi dal turnover. Gli aspetti da tenere in considerazione sono:

1)      L’ammontare di asset che replicano l’indice. Più sono elevati, maggiore è l’impatto dei cambiamenti nel paniere.
2)      L’elevato turnover. Alcuni indici small e micro-cap fanno cambiamenti frequenti con pessime performance.
3)      L’illiquidità dei titoli sottostanti. Meno è liquido un titolo, maggiore è l’impatto sui prezzi della sua negoziazione.

La miglior soluzione è rappresentata dai fondi indicizzati poco costosi e liquidi, che non seguono benchmark troppo popolari.

 

Leggi l’articolo originale, The Hidden Cost of Indexing.

Le informazioni contenute in questo articolo sono esclusivamente a fini educativi e informativi. Non hanno l’obiettivo, né possono essere considerate un invito o incentivo a comprare o vendere un titolo o uno strumento finanziario. Non possono, inoltre, essere viste come una comunicazione che ha lo scopo di persuadere o incitare il lettore a comprare o vendere i titoli citati. I commenti forniti sono l’opinione dell’autore e non devono essere considerati delle raccomandazioni personalizzate. Le informazioni contenute nell’articolo non devono essere utilizzate come la sola fonte per prendere decisioni di investimento.

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Info autore

Samuel Lee  Samuel Lee is an ETF Analyst with Morningstar.

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