High yield, meglio essere prudenti

Le obbligazioni ad alto rendimento hanno regalato grandi soddisfazioni agli investitori. Ora i valori sono corretti e conviene giocare in difesa. 

Marco Caprotti 18/10/2012 | 10:41
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Le obbligazioni high yield continuano ad essere croce e delizia degli investitori. Si tratta di titoli di debito emessi da società o stati a cui le agenzie di rating danno il giudizio di BB+ o inferiore (e quindi sono a maggior rischio di bancarotta) e, di conseguenza, offrono un più alto rendimento potenziale rispetto al rischio che viene assunto. “Il problema di questa classe di investimento è che è molto sensibile alle notizie peggiori”, spiega uno studio di Kingman Penniman, presidente della società di ricerca sui bond KDP Investment Advisor. “Dopo momenti di euforia dettati da novità positive sulla situazione degli stati in Europa, ad esempio, gli operatori tornano a fare i conti con i problemi dell’area e a cercare investimenti più sicuri. Sui mercati, questo fenomeno è conosciuto come risk aversion (avversione al rischio, ndr)”.

Il mercato high yield europeo ha offerto un rendimento totale del 20,1% da inizio anno, contro un rialzo del 15,8% dell’S&P 500, del 10,4% dell’Euro Stoxx 50 e del 4,8% del FTSE 100. Si tratta di un risultato migliore delle aspettative, spinto dagli interventi della Banca centrale europea (gran parte dei guadagni di quest’anno sono stati infatti conseguiti nel primo trimestre grazie al programma chiamato Long Term Refinancing Operation, Ltro, che ha rimpinguato le banche europee), dall’impegno del presidente della Bce Mario Draghi a “fare quanto necessario” per salvare la moneta unica e dalle iniezioni di liquidità di altre banche centrali nel corso di un anno di scarsa crescita economica.

Il prezzo è giusto, il rendimento no
I fondi di investimento specializzati in questo segmento si sono mossi di conseguenza. Da gennaio i prodotti venduti in Italia raccolti nel database di Morningstar hanno guadagnato (mediamente) il 16,5%. Alcuni portafogli hanno comunque superato il 21%. A questo punto è naturale domandarsi se i rendimenti futuri saranno ancora così alti (tenendo sempre presente che, quando si investe, gli andamenti del passato non sono mai garanzia di quelli a venire) e se quindi vale ancora la pena puntare su questo tipo di strumento. “Alla luce dei fondamentali e delle valutazioni a medio termine, ritengo che il segmento high yield sia ora più vicino a un corretto valore di mercato”, spiega una nota firmata da James Tomlins, gestore del fondo M&G European High Yield Bond.  “Questo ci porta a una conclusione poco soddisfacente: anche se il mercato high yield non sembra offrire più grandi guadagni, è bene mantenere le posizioni. Vorrei aggiungere anche che nel contesto attuale è preferibile un approccio difensivo. In termini di rapporto fra rischio e rendimento, l’ago della bilancia pende ora verso un posizionamento meno aggressivo”.

Chi preferisse comunque aumentare la quota di titoli ad alto rendimento in portafoglio potrebbe trovare interessanti le statistiche elaborate dalla banca d’affari americana JP Morgan secondo cui i tassi di bancarotta nell’ultimo anno sono stati al di sotto della media storica. Questa informazione, tuttavia, non può essere applicata a qualsiasi strumento di tipo high yield. “La scelta migliore per chi vuole rischiare è quella di evitare i titoli con un rating inferiore alla B”, spiega una nota di Calamos Investments. “Bisogna lasciare perdere gli emittenti con una situazione troppo complicata dalla quale difficilmente potrebbero uscire con tutte le ossa intere”. 

L'articolo è apparso su Secolo Più, inserto economico-finanziario de Il Secolo XIX

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Info autore

Marco Caprotti

Marco Caprotti  è Giornalista di Morningstar in Italia.

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