Anche il Sudamerica, insomma, sta soffrendo le incertezze congiunturali che assillano il resto del pianeta. “Il rallentamento dell’area è dovuto alla naturale prudenza degli investitori nei momenti di incertezza”, spiega una nota di Morningstar. “Le p
otenzialità della zona nel lungo termine, tuttavia, restano intatte, come dimostrato anche dall’esiguità della correzione”. La domanda di materie prime (la prima fonte di entrate per America latina), del resto, è destinata a rimanere alta. La conferma è arrivata dal meeting dei 21 Paesi che fanno parte del forum di cooperazione economica dell’Asia-Pacifico che ha deciso di mantenere in piedi i programmi di stimolo economico varati con lo scoppio della crisi. Una buona notizia per i Paesi del Sudamerica che, di quella zona, sono i principali fornitori di commodity.
Gli investitori, intanto, guardano con sempre maggiore interesse all’Argentina. Il Paese sta lavorando a un nuovo piano per restituire i soldi ai possessori di bond governativi che, nel 2001, erano rimasti con il cerino in mano dopo che lo Stato aveva dichiarato default. Chiudere la vertenza con gli obbligazionisti permetterebbe all’Argentina di poter accedere di nuovo al mercato internazionale dei crediti e vedere spuntare nuovi investitori internazionali.
“Non c’è dubbio che l’America latina, insieme agli altri mercati emergenti, resti uno degli asset di investimento più interessanti per il futuro”, continua la nota di Morningstar. “Basta vedere come sono cambiati i portafogli internazionali degli operatori. Nel 1950 l’area Latam era praticamente assente. Oggi rappresenta una quota di circa il 15% degli asset totali e la percentuale sta crescendo ancora. Un avvertimento, tuttavia, è d’obbligo: i mercati emergenti sono ancora un investimento considerato rischioso. Questo significa che, potenzialmente, possono dare alti rendimenti, non che li daranno sicuramente”.
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