Bad timing, occhio a quei tre

Perdere di vista i fondamentali delle aziende può causare all’investitore forti perdite. Ecco alcuni esempi di titoli, che secondo gli analisti di Morningstar, sono a fine corsa.  

Francesco Lavecchia 24/05/2017 | 10:00
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Un detto famoso nella City dice: “Is better to have time in the market than trying to time the market” (meglio aver tempo nel mercato piuttosto che cercare di prendergli il tempo). L’errore che molti investitori fanno, infatti, è quello di farsi prendere dalla febbre del trading scommettendo ogni volta sul momento migliore per entrare o liquidare la posizione su un titolo. Il rischio, in questo caso, è di salire su un treno a fine corsa o di scendervi troppo presto. Alla perdita, o al mancato guadagno, si aggiunge poi il costo, non solo monetario, di essere molto attivi nelle attività di compra-vendita.

Per questa ragione, gli analisti di Morningstar consigliano di basare le proprie scelte di investimento sui fondamentali. Un’azienda può essere leader del settore, avere una forte posizione di vantaggio competitivo, ma essere scambiata a prezzi troppo elevati. Conviene, dunque, entrare su un titolo solo nel caso in cui vi sia un adeguato margine di sicurezza, cioè quando il rapporto tra fair value e prezzo di mercato sia sufficientemente alto da evitare il rischio di sbagliare il timing dell’investimento. Pericolo reale soprattutto in un momento come questo in cui il rally dei listini, che dura ormai da anni, ha fatto lievitare i corsi azionari.

La crescita dei ricavi ha fatto lievitare Netflix
Tra i titoli da cui tenersi alla larga, secondo gli analisti di Morningstar, c’è Netflix. Le azioni del gruppo americano sono salite del 75% negli ultimi 12 mesi (e +44,47%, in media, da tre anni a questa parte) in scia agli elevati tassi di crescita del fatturato, ma ora sono scambiata a un rapporto Prezzo/Fair value di 2,15 (report pubblicato in data 18 aprile 2017).

“Il gruppo è stato un pioniere dello streaming online e questo gli ha dato una posizione di vantaggio all’interno dell’industria. Il fatto di essere stato il first-mover nel settore ha dato la possibilità di targetizzare al meglio la clientela e questo, a sua volta, gli ha dato una mano per spingere la crescita del fatturato che è salito negli ultimi cinque anni a un ritmo superiore al 20%”, dice Neil Macker, analista azionario di Morningstar.

“Sebbene l’azienda americana continuerà a crescere in doppia cifra (in media del 13% da qui al 2021), il progresso avverrà a ritmi più bassi che in passato. Inoltre, a causa della maggior concorrenza e della minor profittabilità dei mercati al di fuori dei confini nazionali, i margini di profitto sono visti in progressiva contrazione. Al momento il prezzo viaggia attorno ai 160 dollari, ma noi abbiamo consigliato di uscire dalla posizione già a 126 dollari”.

Il Moat di Ferrari non basta
Discorso analogo per il titolo Ferrari, che da febbraio 2016, in cui ha toccato il suo minimo storico attorno ai 30 dollari, ha più che raddoppiato il suo valore di mercato e ora è scambiato a un P/FV di 1,51 (report pubblicato in data quattro maggio 2017).

“Il Cavallino non può essere considerato alla stregua di un’azienda del comparto auto, poiché l’esclusività del sui prodotti e l’elevato valore del brand lo rendono molto più simile a un marchio del lusso. Come dimostra anche l’alta redditività del capitale”, dice Richard Hilgert analista di Morningstar. “Le performance del titolo sono legate anche a quelle della scuderia di Maranello e la buona partenza nel mondiale di F1 ha pesato sul rally di Borsa a cui abbiamo assistito da fine marzo ad oggi”. Se confrontiamo le stime degli analisti Morningstar con il consensus del mercato, notiamo come queste ultime siano molto più ottimistiche sia sulla crescita futura dei ricavi che sull’espansione dei margini di profitto”.

STM, +200% negli ultimi 12 mesi
Meglio di Ferrari ha fatto STMicroelectronics (STM), che nello stesso periodo ha guadagnato quasi il 200% (riferito all’Adr scambiata sul listino di New York). Negli ultimi 12 mesi gli analisti di Morningstar hanno progressivamente alzato il fair value del titolo da sei a 12 dollari, ma il titolo continua a essere scambiato a premio (P/FV pari a 1,36, report pubblicato in data 11 maggio 2017).

“La società produttrice di semiconduttori continua a macinare trimestrali molto positive, crescendo sia nelle vendite che nei margini di profitto. Sebbene StM non abbia Moat, i conti dimostrano che l’azienda sta attraversando un periodo molto favorevole anche per effetto dello sviluppo di nuovi segmenti, come ad esempio quello dell’automotive”, dice Brian Colello, analista di Morningstar. “Nei prossimi cinque anni prevediamo una crescita media del fatturato del 7,5% e una forte espansione del margine operativo (dall’attuale 2% al 12%), ma il consensus del mercato sembra essere molto più ottimista. La nostra raccomandazione è quella di avere un approccio più prudente e assegniamo al titolo un rating di due stelle”.

 

 

Le informazioni contenute in questo articolo sono esclusivamente a fini educativi e informativi. Non hanno l’obiettivo, né possono essere considerate un invito o incentivo a comprare o vendere un titolo o uno strumento finanziario. Non possono, inoltre, essere viste come una comunicazione che ha lo scopo di persuadere o incitare il lettore a comprare o vendere i titoli citati. I commenti forniti sono l’opinione dell’autore e non devono essere considerati delle raccomandazioni personalizzate. Le informazioni contenute nell’articolo non devono essere utilizzate come la sola fonte per prendere decisioni di investimento.

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Info autore

Francesco Lavecchia

Francesco Lavecchia  è Research Editor di Morningstar in Italia

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