La curva tifa contro i rendimenti

L’investimento nelle squadre sportive ha sempre dovuto fare i conti con diverse e imprevedibili variabili che ne hanno aumentato i rischi. Meglio non farsi accecare dall’amore per i propri colori e scegliere altre strade. 

Marco Caprotti 27/10/2015 | 12:20
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Non è un caso che nei prospetti informativi delle società di calcio quotate in Borsa ci siano dalle sei alle otto pagine di avvertenze rivolte agli investitori sugli elementi che possono rendere pericoloso un investimento nei team. Troppi sono gli elementi, anche fuori dalle classiche dinamiche economiche, che possono andare storte e far crollare un titolo di questo genere. La buona notizia è che non tutte le azioni legate allo sport, che con lo sbarco in Borsa di Ferrari potrebbero tornare nel mirino degli investitori, sono da considerarsi investimenti pericolosi.

I team sportivi, tuttavia, restano uno dei segmenti più delicati. Nei documenti che hanno accompagnato la quotazione di Juventus, Roma e Lazio, i capitoli sui rischi per gli investitori vanno dai pericoli legati all’aleatorietà dei risultati sportivi a quelli relativi alla crescita degli stipendi dei giocatori, passando per le tensioni geopolitiche (che possono far cancellare un match di cartello) e le criticità che possono derivare dalle normative Fifa.

Per restare al calcio e alle società italiane, i tre club di Serie A sbarcati in Borsa nel corso degli anni si sono rivelati una sorta di ottovolante, con titoli volatili e scambi ridotti, capaci di volare o precipitare per un fischio arbitrale, un'autorete, l'indiscrezione su un colpo di mercato o una plusvalenza falsa. L’unica costante sono le perdite degli investitori che hanno puntato i loro soldi sul calcio scommettendo in un ritorno a lungo termine: la Roma, che qualche anno fa valeva sul listino 2,95 euro, viaggia ora a 58 centesimi. La Juventus ne quota 27 contri gli 1,35 euro degli anni d'oro, mentre la Lazio passa di mano a 56 centesimi contro i 52 euro dell’era della bolla. Il problema non riguarda solo i team italiani. Gli azionisti del Borussia Dortmund, ricordano ancora quando hanno festeggiato, nel 2013, l'ottima stagione della squadra, con tanto di vittoria in Supercoppa e quarti di Champions, con un balzo del titolo da 3,6 a 5 euro. Le stesse azioni, però, due anni prima valevano 10 euro.

Non solo calcio
Va detto che il problema degli scarsi rendimenti borsistici non riguarda solo il calcio. Lo sanno bene negli Stati Uniti dove Wall Street ha assistito alle parabole dei Boston Celtics, dei Cleveland Indians e dei Florida Panthers: tutte squadre di sport diversi che oggi sono fuori dalla Borsa. . “Possedere azioni di un club quotato, sia di soccer che di football o di basket non è mai stato un investimento proficuo”, spiega Kennet Perkins, analista di Morningstar. “Storicamente non hanno dato grandi soddisfazioni agli investitori”.  Curioso, almeno per gli standard italiani, è il caso dei Green Bay Packers un team di football che può contare su un azionariato diffuso ma i cui titoli non sono quotati in nessun listino. Di fatto gli azionisti posseggono dei certificati che possono appendere al muro o essere venduti a qualcun altro in trattativa privata che dà loro la possibilità di partecipare (senza alcuna voce in capitolo), all’annuale assemblea degli azionisti. I Rangers e i Knicks (entrambi di New York) fanno parte di Madison Square Gardens Co, una holding specializzata nell’entertainment al cui andamento in Borsa i due team praticamente non contribuiscono.

Meglio altre strade
Un sistema indiretto per investire nello sport è di diventare soci delle grandi catene di materiale sportivo o nelle società di abbigliamento. “La seconda opzione è preferibile alla prima”, spiega Perkins. “I titoli dei negozi tendono ad avere un periodo di boom per poi valere sempre meno ed è difficile capire quando le valutazioni hanno raggiunto l’apice prima di scendere. I produttori, invece, tendono ad avere solidi rendimenti di capitale e una buona politica dei dividendi. In questo senso i nomi migliori sono Nike e Adidas, due marchi molto riconoscibili che, tra l’altro, non hanno molti negozi posseduti direttamente e, quindi, possono evitare alcun i problemi propri delle catene come, ad esempio, gli avanzi di magazzino da smaltire”. 

Le informazioni contenute in questo articolo sono esclusivamente a fini educativi e informativi. Non hanno l’obiettivo, né possono essere considerate un invito o incentivo a comprare o vendere un titolo o uno strumento finanziario. Non possono, inoltre, essere viste come una comunicazione che ha lo scopo di persuadere o incitare il lettore a comprare o vendere i titoli citati. I commenti forniti sono l’opinione dell’autore e non devono essere considerati delle raccomandazioni personalizzate. Le informazioni contenute nell’articolo non devono essere utilizzate come la sola fonte per prendere decisioni di investimento.

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Titoli citati nell'articolo

Nome TitoloPrezzoCambio (%)Morningstar Rating
adidas AG225,00 EUR0,45Rating
Ferrari NV430,29 USD1,35Rating
Juventus Football Club SpA1,87 EUR3,30
Madison Square Garden Sports Corp Class A184,65 USD0,73
Nike Inc Class B92,15 USD-0,28Rating
Societa Sportiva Lazio SPA0,68 EUR1,19

Info autore

Marco Caprotti

Marco Caprotti  è Giornalista di Morningstar in Italia.

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