Il rating sul credito di Morningstar

Come per la valutazione delle azioni, gli analisti enfatizzano i concetti del vantaggio competitivo, della capacità di generare flussi di cassa sostenibili e del grado di incertezza sulla profittabilità.

Francesco Lavecchia 05/06/2013 | 00:07
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Se una società è in grado di creare valore per gli azionisti sarà anche capace di ripagare gli impegni assunti con i propri creditori, questo è il concetto su cui si basa la metodologia utilizzata da Morningstar per valutare lo stato di salute finanziaria di un’azienda. Allo stesso modo della ricerca azionaria, infatti, anche la metodologia sul merito creditizio enfatizza i concetti del vantaggio competitivo delle aziende, della loro capacità di generare flussi di cassa sostenibili nel futuro e del grado d’incertezza attorno alla loro profittabilità, e anch’essa si basa su un’analisi di lungo periodo che mette al centro i fondamentali delle società. Gli analisti di Morningstar costruiscono per ognuna delle società retate un modello di stima dal quale ottengono gli strumenti (indici di bilancio e flussi di cassa futuri) utili a valutare i due profili di rischio in base ai quali viene giudicato il grado di solvibilità delle società stesse, ovvero il rischio aziendale e il rischio finanziario.

Il vantaggio competitivo predice la solvibilità finanziaria
Il rischio aziendale non dipende soltanto dal grado di efficienza operativa ma anche da fattori esogeni: ecco perché gli analisti di Morningstar valutano il grado di stabilità politica, monetaria ed economica e la solidità del mercato finanziario e bancario del paese in cui l’azienda esercita la propria attività. Il “rischio paese” è una componente marginale anche se importante, in quanto il peso del rischio aziendale dipende principalmente dalle caratteristiche dell’azienda stessa ed è per questo che per la sua valutazione i nostri analisti concentrano la loro attenzione sul posizionamento della società all’interno del contesto competitivo.  Più le società sono in grado di difendersi dalla concorrenza, sfruttando una posizione di vantaggio, più elevata e duratura nel tempo sarà la liquidità da esse generata e minore sarà la volatilità del loro fatturato e dei loro profitti. A fianco all’analisi competitiva vengono poi considerati altri fattori che incidono sulla stabilità finanziaria della società come ad esempio la sua dimensione, il grado di diversificazione, la concentrazione della clientela, la sensibilità al ciclo economico e la dipendenza dai mercati dei capitali.

Gli indicatori del rischio finanziario
Il rischio finanziario, invece, è quantificato attraverso l’utilizzo di tre indicatori costruiti da Morningstar quali il Cash flow cushion, il Solvency score e il Distance to default. Il presupposto con il quale è stato creato il primo indicatore è che non è sufficiente guardare ai dati storici per valutare la capacità dell’azienda di onorare i propri impegni futuri, ecco perché i nostri analisti misurano la probabilità che l’azienda possa attraversare delle difficoltà finanziarie rapportando la sua liquidità esistente e quella prevista in un arco temporale di cinque anni con i futuri impegni finanziari della stessa. Ne segue che più elevato sarà il rapporto, più basso sarà il rischio finanziario. Il Solvency score, invece, nasce dalla combinazione di una serie di indicatori di salute finanziaria (ad esempio Totale passività/Totale attività; Spese per interessi/Ebitda), alcuni ottenuti da dati storici, altri da previsioni dei nostri analisti, per misurare il grado di salute finanziaria dell’azienda.  L’indicatore del Distance to default misura la probabilità di default di un’azienda attraverso la distanza tra il valore futuro delle sue attività e quello delle sue passività. Ne segue che quanto maggiore è la probabilità che il valore delle attività sia inferiore a quella delle passività tanto più alta è la probabilità di default. 

Il peso degli indicatori
I valori ottenuti dal loro calcolo vengono convertiti in un punteggio che va da 1 a 10, dove 10 indica il peggior risultato, vengono pesati e poi sommati tra di loro. I pesi assegnati sono frutto dei test eseguiti dai nostri analisti: si è verificato, infatti, che il potere predittivo del Solvency score e del Distance to default è maggiore se combinati con uguale peso, mentre al rischio aziendale viene assegnato un peso maggiore a causa del maggiore impatto che questo ha sulla solvibilità futura della società. Il peso del Cash flow cushion, invece, è pari al valore più alto tra gli altri tre indicatori. Questa decisione ha lo scopo di amplificare l’effetto dell’indicatore maggiormente predittivo nel caso gli altri indicatori segnalino una situazione di pericolo e, viceversa, di attenuare la possibilità che errori nella formulazione delle previsioni possano alimentare false preoccupazioni quando gli altri indicatori non hanno evidenziato alcuna difficoltà finanziaria. Il punteggio frutto di questa ponderazione si traduce poi nella consueta scala di valori che va dalla tripla A, che indica una probabilità molto bassa di default, alla D che invece segnala il default imminente. Questo rating è infine sottoposto al giudizio di una commissione interna, il cui compito è quello di garantire l’uniformità del giudizio, che conferma o modifica la valutazione dell’analista.

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Info autore

Francesco Lavecchia

Francesco Lavecchia  è Research Editor di Morningstar in Italia

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