Le priorità ai tempi della crisi

I mercati spostano l'attenzione su Spagna e Italia. Ma il problema vero, per chi vuole investire, è la crescita mondiale.

Marco Caprotti 26/07/2012 | 13:43
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Lo scrittore Anton Cechov diceva che qualsiasi idiota può superare una crisi. Ma aggiungeva – e gli operatori di mercato lo stanno provando sulla loro pelle in queste settimane – che è il quotidiano che ti logora. Nelle ultime sedute il trading è stato condizionato da diverse notizie. Messa per un momento da parte la questione di una possibile uscita della Grecia dalla zona euro (è fresca la notizia secondo cui il ministero delle finanze ellenico e la Troika hanno concordato economie sul budget del 2013 e del 2014 per 11,6 miliardi di euro), gli investitori si stanno concentrando sui problemi di debito della Spagna e dell’Italia spostando ogni tanto l’attenzione sulla Germania (soprattutto dopo che l’agenzia di rating Moody’s ha abbassato l’outlook sulla prima economia di Eurolandia portandolo da stabile a negativo).

Tutto questo sperando sempre in un intervento risolutivo da parte delle istituzioni del Vecchio continente. Qualche passo avanti, in questo senso è stato fatto. Nel summit Ue di fine giugno, fra le varie soluzioni che sono state proposte c’è stata anche quella di un meccanismo integrato di supervisione bancaria che dia il suo benestare agli aiuti per gli istituti di credito. Una soluzione che potrebbe andare bene per salvare il comparto bancario iberico, ma che apre una serie di questioni che riguarderanno anche altri stati. Per esempio: la nuova authority avrebbe i poteri sufficienti e, eventualmente, la possibilità di liquidare gli istituti insolventi? E ancora: il potere delle banche centrali locali diminuirebbe? Oppure: gli istituti di credito, sotto pressione per ridurre i rischi, vorrebbero ancora comprare i bond dei propri paesi? Non è detto poi che le autorità locali siano disposte a cedere i loro compiti di controllo. L’estate scorsa, ad esempio la BaFin (l’authority che con la Bundesbank ha il compito di controllare le banche tedesche) ha fatto orecchie da mercante quando la European Banking Authority ha chiesto di sapere quanto debito governativo fosse nelle casse delle banche teutoniche.

Spagna e Italia
Ogni problema, inoltre, va affrontato singolarmente. La Spagna, ad esempio, oltre alla questione delle banche deve fare i conti anche con quella del debito regionale che, negli ultimi tre anni, è triplicato mandando alcune amministrazioni locali in bancarotta. Lo stato centrale dovrebbe dare una mano. Ma qui si aprono una serie di nuovi problemi. Il primo – e più importante - è che la legge spagnola non ammette aiuti di questo tipo. Il problema potrebbe essere aggirato come è stato fatto all’inizio dell’anno quando il Tesoro iberico ha dato una garanzia aiutando Valencia a ripagare un debito con Deutsche Bank. Ma tutti sanno che si tratta di un provvedimento tampone che non risolve il problema.

Complessa, pur se per ragioni diverse, anche la situazione italiana. Dall’estero sono preoccupati: “Nel primo trimestre 2012 nessuna economia dell‘Unione monetaria europea è arretrata tanto quanto quella italiana”, spiega uno studio firmato da Asoka Woehrmann, responsabile degli investimenti di Dws. “L’economia si è contratta dello 0,8% rispetto al trimestre precedente e per il 2012 non ci sorprenderebbe un declino dell’1,5-2%. Non si è registrato nessun miglioramento significativo del costo unitario del lavoro e varie riforme proposte dal premier Mario Monti si sono arenate. Ma perché si materializzi una turbolenza simile a quella dell’estate 2011, dovremmo temere qualcosa in più sul fronte economico. E, nonostante tutto, non arrivano solo brutte notizie dal Belpaese. Per esempio, il deficit commerciale si sta rapidamente riducendo. Sarebbe più pericoloso se Monti dovesse perdere il sostegno popolare. L‘ultimo programma di austerity ha una pessima tempistica: per le prossime elezioni ancora una volta si invoca il nome di Silvio Berlusconi, che gioca la carta anti-Euro e potrebbe incitare all’instabilità politica”.

La questione della crescita
Se a questo quadro si aggiunge che il motore americano continua a dare colpi a vuoto (gli ultimi numeri negativi sono stati quelli, inattesi, sulle vendite di case nuove, ma anche l’occupazione non manda segnali rassicuranti) e che la Cina quest’anno potrebbe avere una crescita del 7-8% (contro il 10% e oltre a cui ci aveva abituato), a qualcuno potrebbe venire l’idea che la fine dei mercati sia vicina. “Ci sono degli eventi sui mercati finanziari e in Cina che avranno sicuramente delle conseguenze per gli investitori. Alcune buone, altre meno”, spiega uno studio di Franklin Templeton secondo cui gli investitori dovrebbero cercare opportunità nei paesi che stanno ancora crescendo e che hanno politiche fiscali responsabili. “Ma soprattutto bisogna abbandonare il concetto di ‘asset di investimento privi di rischi’. Il punto, invece, è capire se si viene ripagati abbastanza per i pericoli che si corrono. Certamente le cose stanno andando male, ma non crediamo che il mondo stia per finire. Ci sono sempre delle opportunità e, se si ha una propettiva di lungo termine, si può essere premiati”.

La questione della crescita, peraltro, sta diventando sempre più cruciale per i mercati. “Le continue cattive notizie ci stanno facendo dimenticare che alcuni asset di investimento, come ad esempio l’equity e i bond high yield da inizio anno hanno guadagnato”, spiega Peter Toogood, direttore degli investimenti di Morningstar Obsr (società di consulenza del gruppo Morningstar). “I problemi di cui stiamo discutendo oggi, alla fine sono gli stessi con cui avevamo a che fare l’anno scorso. L’elemento in più è rappresentato dalle preoccupazioni sulla crescita dei mercati emergenti che sarebbe avvenuta anche se l’Europa non fosse stata in crisi. Basti pensare che la Cina avrebbe comunque cambiato il motore della sua crescita passando dalle esportazioni ai consumi interni. Se anche non ci fosse stata la crisi europea la congiuntura globale avrebbe comunque segnato una frenata con cui avremmo docuto fare i conti, a dispetto delle previsioni eccessivamente ottimistiche di inizio anno”.

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Info autore

Marco Caprotti

Marco Caprotti  è Giornalista di Morningstar in Italia.

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