La bussola dei mercati ha 3 punti cardinali

Gli operatori cercano di orientarsi fra i fatti della Grecia. Ma non possono perdere di vista quello che succede negli Usa e in Cina.

Marco Caprotti 31/05/2012 | 12:57
Facebook Twitter LinkedIn

Un vecchio proverbio greco dice che “quando tutto è perduto, resta la speranza”. Un adagio a cui nelle ultime settimane si stanno aggrappando non solo ad Atene, ma tutti gli operatori internazionali che guardano sempre più spesso alla penisola ellenica per decidere le loro strategie di investimento, ma non possono perdere d’occhio quello che sta succedendo negli Stati Uniti e in Cina.

Sta per iniziare la vera tragedia greca?
La situazione in Grecia sta diventando più complessa e sono sempre di più quelli che prevedono un’uscita disordinata del paese dall’area euro con effetti imprevedibili sugli stati più deboli della regione e, a ruota, sul resto del mondo. Questioni politiche, fiscali ed economiche formano la trama e l’ordito di una situazione di cui sembra sempre più difficile venire a capo. Per molti anni la scena politica greca è stata dominata da due partiti: Nuova democrazia (centro-destra) e Pasok (centro-sinistra).

Con le elezioni del 6 maggio è successo quello che il sistema elettorale greco (basato su forti premi di maggioranza) avrebbe voluto evitare: impedire la formazione di un esecutivo in grado di guidare il paese. Dalle urne, infatti, è uscita una situazione frammentata in cui sono emerse realtà come Syriza (estrema sinistra) e Alba d’oro (estrema destra) che hanno reso impossibile la nascita di un esecutivo anche nel caso di un’alleanza fra Nuova democrazia e Pasok. La situazione, sperano i mercati, si dipanerà con l’esito delle elezioni del 17 giugno. Alcuni sondaggi indicano che Syriza potrebbe vincere.

Gli scenari sono aperti. Negli ultimi anni (e soprattutto nei mesi scorsi) la Grecia ha firmato una serie di accordi con i partner europei e le istituzioni finanziarie internazionali per ottenere aiuti in cambio di misure di austerità. Questo, però non ha impedito al paese di andare in recessione e ha sconsigliato ai politici di proseguire sul terreno delle riforme fiscali. “Se il nuovo esecutivo dovesse chiedere una rinegoziazione dei termini di questi accordi e l’Europa dovesse rifiutarsi di concederla, allora Atene andrebbe in default a causa del suo debito, la maggior parte del quale è in mano alle banche straniere”, spiegano David Kelly e David Lebovitz, rispettivamente Chief global strategist e membro del Global market strategy team di J.P Morgan Funds. “Come rappresaglia la Banca centrale europea potrebbe togliere il suo aiuto al sistema finanziario ellenico e la Troika (Ue, Bce e Fmi) potrebbero rifiutarsi di dare altri soldi al paese. Per la Grecia tutto questo avrebbe effetti disastrosi. Senza la Bce, Atene non ha modo di mantenere il suo sistema bancario e di riportare in vita, se volesse farlo, la dracma. Il risultato sarebbe una recessione ancora più profonda di quella che sta attraversando adesso”.

Ma sarebbero dolori anche per il resto del Vecchio continente. “La bancarotta greca aprirebbe dei buchi anche nei bilanci della Bce e dell’Unione che si trasformerebbero in maggiori tassi per i cittadini dell’Eurozona. La Banca centrale però dovrebbe fare tutto quello che è in suo potere per proteggere il sistema finanziario. E anche se la recessione nel resto d’Europa peggiorasse nel breve termine, nel lungo periodo la lezione greca potrebbe servire ad arrivare a una maggiore coesione economica, politica e fiscale della Ue”.

Good news from America
Per trovare qualche buona notizia agli investitori non resta che volgere lo sguardo al di là dell’Atlantico. I dati americani, infatti, pur con qualche colpo a vuoto, continuano a mostrare una situazione di crescita (moderata). Nonostante le news che arrivano dall’Europa la fiducia dei consumatori Usa (misurata dall’indice elaborato da Reuters e Università del Michigan) a maggio è salita di tre punti, arrivando a 79,3. Questo grazie soprattutto al calo dei prezzi del carburante. “Segnali di fiducia sono arrivati anche per quanto riguarda le attese future”, spiega un report firmato da Jerry Webman, capo economista di Oppenheimer Funds.

Sul fronte immobiliare, la vendita di case esistenti ad aprile è cresciuta del 3,4%. Rispetto al 2011 i prezzi sono aumentati del 10,1%, il livello maggiore degli ultimi sei anni. “I potenziali acquirenti hanno ancora difficoltà a trovare prestiti”, continua Webman. “Ma i tassi, per chi riesce ad avere un mutuo, sono ai minimi storici. In una situazione di continuo miglioramento della congiuntura ci aspettiamo altre buone notizie dal real estate”. Va peggio per quanto riguarda il settore manifatturiero, che deve fare i conti con la situazione europea e il rallentamento della Cina. La lettura degli indici dei direttori d’acquisto, tuttavia è sempre sopra 50 (un numero che indica il confine fra espansione e frenata).

Il Dragone perde quota
Una fotografia in chiaroscuro arriva dalla Cina. Il Pil nel primo trimestre è cresciuto dell’8,1% rispetto allo stesso periodo dell’anno scorso, il risultato peggiore degli ultimi tre anni. Il dato generale, però, non fornisce la misura esatta della frenata del Drago. Nei primi quattro mesi del 2012 (sempre facendo il confronto con lo stesso periodo del 2011) l’apertura di cantieri per edilizia residenziale è calata del 4%, le vendite di auto sono scese del 2%. In generale le importazioni sono salite del 5% mentre l’export è migliorato del 7%. Va comunque precisato che il raffreddamento della congiuntura è una scelta deliberata del governo, preoccupato soprattutto per il possibile scoppio di una bolla nel real estate.

Gli operatori, in linea di massima, sono ottimisti sulla capacità di Pechino di traghettare il paese verso approdi sicuri.  “L’economia cinese, dopo i segnali di debolezza congiunturale dei mesi passati, sembra in via di stabilizzazione”, dicono da Allianz Global Investors. “L’indice dei responsabili degli acquisti calcolato da Hsbc ha infatti registrato un lieve miglioramento ed in marzo anche il ricorso al credito è decisamente aumentato. Un ottimo dato viene anche dal trend dei consumi privati, che crescono di oltre il 15% rispetto allo scorso anno, eliminando il rischio di un hard landing (termine con cui si indica il passaggio diretto da una fase di espansione a una di contrazione, Ndr). Il mercato immobiliare resta invece fonte di preoccupazione: i prezzi continuano a scendere, per quanto tale trend non sia del tutto indesiderato, dal momento che si vuole evitare una bolla. Infine, la recente decisione di ampliare la fascia di oscillazione del renminbi rispetto al dollaro Usa, con la possibilità di un conseguente ulteriore apprezzamento della valuta cinese, potrebbe allettare gli investitori esteri”.

Le scelte operative
Dal punto di vista operativo fra gli investitori prevale un atteggiamento di cauto ottimismo. “Sembra che i mercati finanziari, nel loro complesso saranno colpiti dalle stesse incertezze con cui hanno dovuto fare i conti negli ultimi anni”, dicono da J.P. Morgan. “Nei momenti di dubbio l’istinto degli investitori è quello di evitare i rischi. Tuttavia le incertezze vanno messe in relazione con le valutazioni interessanti, soprattutto per quanto riguarda l’azionario”.

Prudenza (ma con un occhio alle buy opportunity) viene suggerita anche dagli operatori di Allianz. “Le valutazioni nell’asset class azionaria rimangono molto interessanti, in particolare in relazione ai rendimenti dei mercati obbligazionari, ma prevale la cautela”, spiegano. “In particolare, il rapporto prezzo/utili in Europa è pari a circa 11 volte, rispetto ad una media superiore a 16 volte negli ultimi venti anni. Anche la valutazione rispetto ai mercati obbligazionari (il cosiddetto premio per il rischio) risulta favorevole. Tuttavia le incertezze sulla tenuta della crescita economica mondiale, e quindi sull’aumento degli utili, ci portano a mantenere un atteggiamento sostanzialmente cauto. Esiste infatti una correlazione evidente tra l’andamento degli indici azionari ed i profitti aziendali: attualmente gli utili sono già sui livelli massimi e potrebbero aumentare solo se la crescita mondiale ripartisse a tassi molto sostenuti o se si riducesse ulteriormente la componente costo del lavoro. L’Europa ha finora sottoperformato gli altri mercati azionari e le valutazioni risultano particolarmente interessanti, ma restano forti fattori di incertezza. Rimaniamo per ora ancora cauti sull’Europa, ma monitoriamo attentamente l’evolversi della situazione”.

Le informazioni contenute in questo articolo sono esclusivamente a fini educativi e informativi. Non hanno l’obiettivo, né possono essere considerate un invito o incentivo a comprare o vendere un titolo o uno strumento finanziario. Non possono, inoltre, essere viste come una comunicazione che ha lo scopo di persuadere o incitare il lettore a comprare o vendere i titoli citati. I commenti forniti sono l’opinione dell’autore e non devono essere considerati delle raccomandazioni personalizzate. Le informazioni contenute nell’articolo non devono essere utilizzate come la sola fonte per prendere decisioni di investimento.

Facebook Twitter LinkedIn

Info autore

Marco Caprotti

Marco Caprotti  è Giornalista di Morningstar in Italia.

© Copyright 2024 Morningstar, Inc. Tutti i diritti sono riservati.

Termini&Condizioni        Privacy        Cookie Settings        Disclosures