Il Giappone accende il gas

Spento anche l'ultimo reattore nucleare ancora in funzione. Lo stop potrebbe essere definitivo. E favorire chi punta su fonti più tradizionali.

Marco Caprotti 08/05/2012 | 10:22
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Il Giappone prova a vivere senza energia nucleare. Un cambiamento epocale per l’unico paese al mondo ad aver subito un attacco atomico e che, nonostante questo, per risolvere il problema dell’approvvigionamento elettrico aveva puntato tutto sulla più controversa forma moderna di produzione energetica. Nei giorni scorsi è stato ordinato lo stop del reattore “Tre” della centrale di Tomari, gestito da Hokkaido Electric Power Corporation, l’ultimo ancora in funzione dopo il blocco per fare dei test agli impianti atomici deciso a seguito del terremoto dell’11 marzo 2011 che aveva danneggiato Fukushima. Il fermo dovrebbe durare 70 giorni. Ma non è detto che gli impianti vengano riaccesi.

No (more) Nuke
La fiducia sulla sicurezza del nucleare è ai minimi come dimostra la difficoltà di ottenere l’essenziale via libera delle comunità che ospitano gli impianti già verificati. Decine di migliaia di persone hanno manifestato in tutto il Paese perché si arrivi subito ad un addio definitivo all’energia nucleare a favore delle fonti rinnovabili, attraverso iniziative sempre più diffuse. Il Giappone, che prima della peggiore emergenza da Cernobyl contava sull’atomica per il 30% del fabbisogno energetico (con l’intenzione di salire al 50% entro il 2030) per abbattere i gas responsabili dell’effetto serra, si troverà a fronteggiare lo spettro di un blackout estivo, soprattutto se ci saranno le stesse ed elevate temperature del 2010, quando un’eccezionale ondata di caldo colpì per diversi giorni l’intero arcipelago.

In termini di generazione aggregata di potenza fino a pochi giorni fa l’Arcipelago era il terzo al mondo alle spalle di Stati Uniti e Francia. Il governo, intenzionato all’uscita graduale, ha rafforzato le misure di sicurezza optando sui stress test per provare l’affidabilità degli impianti e puntando sulla ripartenza di due reattori nella prefettura di Fukui, il cuore atomico del Giappone con 14 reattori su una superficie simile a quella della città di Roma, che ne fanno l’area più nuclearizzata al mondo. La carenza di elettricità si prevede possa affliggere in particolare la regione di Osaka. Ma il sindaco, Toru Hashimoto ha ribadito il suo no al riavvio. In pericolo anche le regioni di Hokkaido e Kyushu, mentre le utility, alle prese con pesanti perdite di bilancio per il massiccio ricorso ai combustibili fossili, hanno già chiesto la stretta sui consumi a famiglie e grandi utenti, in una fase economica debole e con le imprese pronte a delocalizzare.

Meglio il gas
“Rimpiazzare la fonte del 30% dell’elettricità domestica è un compito difficile, anche per un paese attivo come il Giappone”, spiega uno studio di Thomas White International (Twi). “A complicare le cose c’è il fatto che il Sol levante è povero di risorse naturali e fortemente dipendente dalle importazioni di carburante. Le energie rinnovabili come vento e solare hanno buone potenzialità, ma ci vorranno decenni prima di avere dei generatori che forniscano la potenza sufficiente. Questo lascia campo libero alle società che trattano combustibile fossile come carbone e gas naturale”. Per venire incontro all’emergenza energetica il governo nipponico e le grandi aziende del paese stanno sviluppando una serie di progetti all’estero. Uno dei più grandi è a Darwin, nell’ovest dell’Australia, dove si sta costruendo un impianto da 26 miliardi di euro in grado di convertire in forma liquida il gas naturale che si trova in alcuni siti petroliferi offshore (i due prodotti si trovano insieme). L’impianto dovrebbe essere operativo dal 2016 e, a pieno regime, dovrebbe coprire il 10% del fabbisogno di gas del paese.

Operazioni simili sono in corso in Africa, mentre si guarda con interesse anche alla possibilità di sfruttamento o di acquisto di gas negli Stati Uniti e in Canada dove i prezzi sono convenienti. “L’estate scorsa, quando il paese ha sofferto un forte calo della produzione elettrica, i giapponesi hanno risposto prontamente agli appelli del governo che chiedeva di limitare i consumi”, dice lo studio di Twi. “Lo spirito patriottico, tuttavia, non può essere la risposta giusta alle sfide energetiche a cui sta andando incontro il Giappone. L’unica strada è quella di studiare operazioni di lungo periodo”.

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Info autore

Marco Caprotti

Marco Caprotti  è Giornalista di Morningstar in Italia.

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