Lo yen fa scappare le giapponesi

Le aziende del Sol levante sono pronte a spostare gli impianti all'estero per non subire la forza della divisa. Il governo risponde con gli sgravi.

Marco Caprotti 31/10/2011 | 10:47
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Il Giappone ha paura dello yen. La forza della valuta nipponica, soprattutto contro il dollaro, sta mettendo in pericolo la salute delle esportazioni del paese asiatico che sta ancora lavorando per riprendersi dal terremoto dell’11 marzo. Il risultato è che l’indice Msci del Sol levante nell’ultimo mese (fino al 28 ottobre e calcolato in euro) ha perso lo 0,5%, portando a -14,2% la performance da inizio anno (in valuta locale il paniere ha guadagnato il 2,8% nelle ultime quattro settimane, ma è negativo per il 15,4% da gennaio).

I muscoli dello yen
Il governo, intanto sta cercando di mettere una pezza alla situazione. Per la seconda volta in meno di tre mesi e per la terza volta in un anno la Bank of Japan è intervenuta sul mercato dei cambi vendendo yen. Il ministro delle finanze giapponese, Un Azumi, ha detto che continuerà a intervenire fino a che non avrà ottenuto risultati soddisfacenti. Operazioni che si rendono necessarie per venire incontro alle richieste di aiuto lanciate da colossi come Toyota, Panasonic e Nissan che stanno registrando un calo delle vendite all’estero proprio a causa dello stato di forma della valuta locale. Secondo uno studio commissionato dal Ministero giapponese del commercio il 15% delle società del paese sono convinte che i loro profitti caleranno del 20% se lo yen resta ad un livello di 76 contro il dollaro. Alcune hanno addirittura minacciato di portare i loro impianti fuori dal Giappone per non dover più sottostare alla dittatura del cambio.

Sgravi e incentivi per chi resta
Quella dello yen forte, peraltro, è una storia vecchia. Ogni volta che i mercati finanziari internazionali attraversando un periodo di incertezza gli operatori si buttano su beni rifugio. Tra questi e fra le monete, c’è quella giapponese (insieme al franco svizzero che, non a caso, sta creando gli stessi problemi alle aziende elvetiche). “Questa situazione è arrivata in un momento delicato per l’economia del Sol levante che sta ancora cercando di riprendersi dal terremoto”, spiega uno studio della società di consulenza Thomas White International. “Il governo, che sta cercando di affrontare anche il problema di una domanda interna stagnante, ha promesso di dare incentivi fiscali e sussidi alle aziende per convincerle a non abbandonare il paese. Il nuovo premier Yoshihiko Noda ha anche intenzione di varare una serie di misure per aiutare le piccole e medie imprese ad aprire nuovi impianti”.

Il nuovo primo ministro, intanto, sembra avere una visione più possibilista per quanto riguarda la questione nucleare. Il suo predecessore Naoto Kan, aveva ordinato la chiusura degli impianti atomici dopo l’incidente alla centrale di Fukushima capitato a causa del disastro di marzo. Una decisione che era stata presa per assecondare l’opinione pubblica, ma che aveva preoccupato le aziende secondo cui, in questo modo, ci sarebbero stati problemi di produzione a causa della scarsità di energia elettrica.

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Info autore

Marco Caprotti

Marco Caprotti  è Giornalista di Morningstar in Italia.

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