Caro-cibo in Asia, Borse giù

Il problema è forte in Cina. E il governo vara una nuova normativa per gli stipendi più bassi.

Marco Caprotti 22/08/2011 | 10:16
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Il costo del cibo è ancora in cima alla lista delle preoccupazioni dell’Asia, perché genera inflazione e spinge le economie più grandi ad alzare i tassi di interesse in maniera aggressiva o aumentare le riserve. L’obiettivo, tuttavia è lo stesso: togliere dal mercato l’eccesso di liquidità per frenare il caro-prezzi. Il risultato è che l’indice Msci Asia ex Japan (calcolato in euro), nell’ultimo mese ha perso il 14%, portando a -18% la performance da inizio anno, complici anche i forti cali sulle Borse internazionali.

In questo quadro di inflazione generalizzata fa eccezione l’Indonesia che negli ultimi sei mesi ha visto i prezzi al consumo scendere progressivamente. Merito della politica monetaria della Banca centrale locale che ha permesso alla divisa di apprezzarsi.

Cina, alimentari alle stelle
Gli occhi degli operatori in ogni caso restano puntati sulla Cina. La locomotiva della regione a luglio di quest’anno ha festeggiato in pompa magna il 90esimo compleanno del Partito comunista. Ma l’appuntamento più atteso è il 18esimo congresso del partito che si terrà nel 2012 nel corso del quale il presidente Hu Jiantao lascerà la leadership a un successore. “La transizione politica arriverà in un momento delicato dal punto di vista economico e sociale”, spiega uno studio della società di consulenza Thomas White International (Twi). “Recentemente la Cina ha visto crescere il numero delle proteste legate a episodi di corruzione, all’inflazione e alla crescita dei prezzi degli immobili”. 

Nel frattempo il paese deve fare i conti con la crescita stellare dei prezzi degli alimentari che ha portato l’inflazione al 6,4%. Nonostante alcune misure prese dal governo (come l’immissione sul mercato di prodotti presi dalle riserve statali) il prezzo della carne di maiale nell’ultimo anno è cresciuto del 38%. Uno dei risultati di questa corsa e che molti ristoranti e catene di fast food hanno dovuto ritoccare all’insù i listini. Colossi dei beni di consumo come Unilever, intanto, hanno annunciato un aumento dei listini di alcuni beni come shampoo e saponette per far fronte alla crescita dei costi di altre materie prime. “Fino ad ora Pechino ha cercato di controllare la situazione togliendo denaro dal mercato”, continua lo studio di Twi. “In sostanza ha ordinato agli istituti finanziari di aumentare i depositi presso la Banca popolare, rendendo in questo modo i soldi indisponibili per i prestiti ai privati e alle imprese. Visti gli scarsi risultati, a luglio è stato deciso un nuovo aumento del costo del denaro (il quinto in otto mesi, Ndr) che ha portato i tassi al 6,56%”.

Riforma per gli stipendi più bassi
Il governo deve anche dare una risposta ai lavoratori con i guadagni più bassi che soffrono in maniera pesante l’aumento del costo dei generi alimentari. Per questo sta varando una serie di riforme fiscali tese ad aiutare i più poveri.

Fra queste c’è stato l’innalzamento della soglia minima oltre la quale si iniziano a pagare le tasse, che è passata da 500 yuan a 3.200. La nuova normativa farà perdere all’erario l’equivalente di 22 miliardi di dollari in entrate fiscali ma porterà benefici al 15% della popolazione che vive con uno stipendio minimo.

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Info autore

Marco Caprotti

Marco Caprotti  è Giornalista di Morningstar in Italia.

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