Una exit strategy per gli investimenti

Nonostante la crescita delle Borse, ci sono ancora troppe incognite a livello macro. L'industria può rispondere con una maggiore trasparenza.

Sara Silano 05/08/2010 | 15:32
Facebook Twitter LinkedIn

Disegnare un nuovo sentiero di crescita economica e degli investimenti. E’ stato questo il leit motiv della Morningstar investment conference che si è tenuta a Chicago in giugno. Un anno fa, i più grandi gestori americani, protagonisti da 22 anni della conferenza, avevano dibattuto sulle sfide che la peggior crisi da 75 anni poneva agli Stati Uniti e al mondo. La sensazione era di trovarsi in tempi davvero “difficili”. Nel 2010, le questioni sul tappeto sono ancora molte, nonostante le Borse internazionali siano cresciute del 21% (indice Msci World in euro al 30 luglio) rispetto a un anno fa, perché rimangono numerose incognite a livello macro. Con un problema in più: i governi accorsi in aiuto delle banche, ora hanno un debito che rischia di diventare ingestibile. Il pensiero va all’Europa, ma anche l’America fa i conti con squilibri di bilancio che sono “potenzialmente devastanti”.

Tempo di cambiamento
Se il Vecchio continente visto da Oltreoceano ne seguirà le orme, le vie di uscita per gli Usa non sono molte e soprattutto impopolari. Jeffrey Gundlach, già manager dell’anno di Morningstar, che nel 2007 aveva lanciato l’allarme subprime in tempi ancora non sospetti, ha detto chiaramente che un cambiamento politico “deve” avvenire. Tre sono i possibili scenari: un aumento delle tasse o una riduzione della spesa pubblica, la stampa di nuova moneta da parte della banca centrale oppure il fallimento. La prima ipotesi è per Gundlach inevitabile. “Ci sarà un incremento dell’imposizione fiscale, con conseguente shock che toccherà gli investimenti e l’economia”, dice, aggiungendo che uno Stato che abbia sanato un buco finanziario tagliando le spese è un caso quasi senza precedenti nella storia. Stampare moneta è tecnicamente possibile, ma darebbe risultati molto scarsi considerata l’entità del debito. Infine, il default in senso stretto appare improbabile, ma l’insostenibilità dell’attuale situazione finirà per manifestarsi in qualche forma. 

Più chiarezza
In ogni caso, si tratta di eventi che sono fuori dal controllo degli investitori, per i quali, però, l’industria del risparmio deve fare uno sforzo non tanto per “azzeccare” i trend futuri dei mercati (un esercizio quasi impossibile), ma per essere trasparente e chiara. Come ha detto Don Phillips, capo della Divisione di ricerca sui fondi di Morningstar, “non ci sono ragioni per cui un investitore sia obbligato a districarsi nella giungla delle sigle finanziarie per sapere, molto banalmente, dove sono finiti i suoi soldi”. Semplicità nei documenti, dunque, ma anche nei portafogli, in una fase in cui i derivati sono sempre più usati nei fondi. “Abbiamo grandi fondi che mostrano il 98% di liquidità”, afferma Scott Burns, direttore della ricerca sugli Etf, “perché tutto il resto è in derivati”. Pensiamo che sia urgente far luce su questa “materia oscura”.

 

L’articolo è stato pubblicato su Tuttofondi di luglio 2010

Le informazioni contenute in questo articolo sono esclusivamente a fini educativi e informativi. Non hanno l’obiettivo, né possono essere considerate un invito o incentivo a comprare o vendere un titolo o uno strumento finanziario. Non possono, inoltre, essere viste come una comunicazione che ha lo scopo di persuadere o incitare il lettore a comprare o vendere i titoli citati. I commenti forniti sono l’opinione dell’autore e non devono essere considerati delle raccomandazioni personalizzate. Le informazioni contenute nell’articolo non devono essere utilizzate come la sola fonte per prendere decisioni di investimento.

Facebook Twitter LinkedIn

Info autore

Sara Silano

Sara Silano  è caporedattore di Morningstar in Italia

© Copyright 2024 Morningstar, Inc. Tutti i diritti sono riservati.

Termini&Condizioni        Privacy        Cookie Settings        Disclosures