Oro, meglio le miniere del lingotto

Il metallo giallo sta volando. Investire sui titoli degli estrattori, dicono gli analisti, costa meno ed è più sicuro.

Marco Caprotti 16/06/2010 | 10:13
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L’oro scotta. E per toccarlo, dicono gli analisti, in questo momento è meglio utilizzare i titoli delle società minerarie che si occupano dell’estrazione del metallo giallo. Il prezioso minerale quest’anno è cresciuto dell’11%, arrivando a toccare il massimo storico di 1.252,11 dollari l’oncia l’8 giugno (in questi giorni viene trattato intorno a 1.222). Continuando così, è sulla strada per il decimo anno consecutivo di crescita. Un andamento che non si vedeva dai primi anni ’20 del secolo scorso. La crisi greca - e più in generale del debito sovrano europeo – insieme alle prospettive incerte sui tempi della ripresa mondiale ne hanno esaltato le caratteristiche di bene rifugio, in cui ripararsi nei momenti di incertezza, e di investimento per proteggersi dal deprezzamento delle valute.

La corsa potrebbe rallentare
“Il fatto che l’oro stia viaggiando ai massimi di sempre non è necessariamente una buona cosa. Nemmeno per chi ci ha investito”, spiega uno studio firmato da Ned Doutha, responsabile delle analisi di Ockham Research. “Una stabilizzazione della situazione in Europa farebbe scendere i prezzi molto velocemente”. Senza contare che, sul mercato, alcuni operatori iniziano a parlare di una bolla del metallo giallo pronta a scoppiare. “Non ci sentiamo di appoggiare questa tesi, ma è un’opinione di cui bisogna tenere conto”, continua lo studio. “Se questo sentiment dovesse diventare prevalente, i valori crollerebbero in poche sedute”.

Le miniere sono a sconto
Per tutti questi motivi potrebbe essere prudente e più conveniente investire sui titoli minerari. L’indice Msci del settore da inizio anno ha guadagnato il 4,4%. Nell’ultimo mese, inoltre ci sono stati alcuni ritracciamenti che hanno riportato il prezzo di diversi titoli a valori interessanti. “Ovviamente anche questa categoria di azioni può essere condizionata da un’inversione di tendenza dell’oro”, dice Doutha. “Considerando le loro attuali quotazioni, tuttavia, la perdita potrebbe essere limitata”. Un altro rischio di cui devono tenere conto gli investitori è che queste società spesso operano in Paesi dove la legislazione sui diritti minerari a volte è ambigua e dove i governi in un giorno possono cambiare gli accordi. “Dal punto di vista operativo le società minerarie sono un buon sistema di diversificazione del portafoglio che permette di approfittare della corsa dell’oro con una spesa contenuta”, spiega uno studio firmato da Joung Park, analista di Morningstar.

Chi tenere d’occhio
Fra le società minerarie più interessanti c’è Newmont Mining, uno dei maggiori gruppi americani del settore “L’aumento dei prezzi e della produzione dovrebbero far crescere gli utili del 20% quest’anno. Lo stesso livello registrato nel 2009 rispetto al 2008”, dice Park, che sul titolo ha un giudizio di tre stelle e consiglia di vendere l’azione a 100 dollari (oggi ne vale circa 54) “Dal punto di vista geografico, inoltre, lavora in Paesi dove il rischio politico è basso. Un elemento, questo, che contraddistingue Newmont dalla maggior parte dei suoi concorrenti”. Un altro gruppo interessante è Capital Gold Corporation. “Nel primo trimestre dell’anno ha aumentato la produzione del 23% rispetto allo stesso periodo del 2009”, dice, invece, l’analista di Ockham. “Il sito appena inaugurato in Messico dovrebbe arrivare, a regime, all’estrazione di 70mila once all’anno. La società, pur non essendo fra i big del settore, ha dimostrato di saper mantenere un livello stabile di profitti. Le sue dimensioni, inoltre, stanno mutando, perché sta completando la fusione con Nayarit Gold”.

Per chi ama il rischio
Gli investitori più speculativi potrebbero dare un’occhiata alla canadese Crystallex. “Il gruppo ha cambiato management diverse volte e non è mai riuscita veramente a far partire le miniere per cui ha la concessione in Venezuela, a causa di alcuni attriti con il governo”, dice Doutha. “Per risolvere il problema ha deciso di formare una jont venture con China Railways Resources Road una delle società minerarie più grandi controllata da Pechino. In questo modo, spera di avere una maggiore influenza sul presidente venezuelano Hugo Chavez, considerato che la Cina gli ha fatto un prestito da 20 miliardi di dollari e che imprese del Paese asiatico stanno lavorando alle infrastrutture del Venezuela. Bisognerà vedere se questa strategia funzionerà”.

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Info autore

Marco Caprotti

Marco Caprotti  è Giornalista di Morningstar in Italia.

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