Gestori, gelo sulle Borse

La recessione sarà profonda e la ripresa avverrà in modo graduale.

Sara Silano 22/01/2009 | 15:46
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I gestori preferiscono stare alla larga dalle Borse. Secondo l’ultimo sondaggio di Morningstar, condotto tra 29 delle principali case di investimento che operano in Italia, crisi economica, calo degli utili e sfiducia costituiscono un mix che non invoglia a tornare sui mercati azionari. Nei portafogli bilanciati, prevalgono obbligazioni e liquidità, mentre una minima parte è riservata ai titoli rappresentativi del capitale di rischio, con preferenza per quelli difensivi, come i farmaceutici, le telecomunicazioni e i beni di consumo primari, ossia quelli indipendenti dal ciclo economico.

Europa in tempi di recessione
La recessione in Europa sarà profonda e la ripresa avverrà solo in modo graduale e non prima dell

a fine dell’anno. Le Borse potrebbero anticipare il miglioramento congiunturale a partire da metà 2009, ma per tutto il primo semestre continueranno ad essere volatili. Per il 55% dei gestori non si discosteranno dagli attuali livelli, mentre quasi il 28% prevede un ulteriore declino. Sul fronte dei profitti, bisognerà attendere il 2010 per vedere un miglioramento. Secondo alcuni fund manager, i titoli azionari hanno valutazioni attraenti, dopo la forte discesa dell’anno scorso; secondo altri non hanno ancora scontato pienamente la crisi economica e il ribasso dei profitti.

Strada in salita per gli Stati Uniti
L’America è entrata nell’era Obama nel bel mezzo di una profonda crisi economica e finanziaria, di cui non si vede ancora la fine. Il nuovo presidente deve affrontare con rapidità e in modo radicale i problemi della stabilità del sistema creditizio, dall’aumento della disoccupazione e della diminuzione dei consumi. Un gestore su due è convinto che i primi sei mesi dell’anno saranno di assestamento per Wall Street, che di conseguenza non si discosterà dagli attuali livelli e rimarrà volatile. Il sentiment, tuttavia, è migliore che in Europa: gli ottimisti sono il 31% contro il 17% del Vecchio continente. Molti hanno fiducia nella capacità degli Stati Uniti di assorbire più in fretta la crisi, anche se ne sono stati colpiti in misura maggiore rispetto ad altri Paesi.

Il Giappone fa i conti con il super yen
A gennaio, i pessimisti sulla Borsa di Tokyo sono balzati al 34,5% dal 14% di dicembre a fronte di una discesa degli ottimisti (dal 33 al 24%). Al Sol Levante si rimprovera il forte legame con il ciclo globale e la domanda interna debole. Il Paese deve fare i conti con l’apprezzamento dello yen (+30% nel 2008), che penalizza le esportazioni, già messe a dura prova dal calo dei consumi in Occidente. Per la prima volta dal 1980 la bilancia commerciale ha registrato un deficit, ma esistono alcuni fattori che potrebbero rendere il quadro meno fosco, tra cui il fatto che il surplus delle partite correnti (una delle voci della bilancia commerciale) è legato soprattutto alle entrate da capitali detenuti all’estero, che non dovrebbero essere intaccate dalla crisi. Il futuro del Giappone dipende anche dalle misure fiscali che dovranno essere approvate nel 2009, tra cui quelle volte ad incoraggiare le imprese a rimpatriare i profitti.

Governativi come porti sicuri
I prezzi delle obbligazioni europee sono saliti molto, ma potrebbero continuare la corsa per un gestore su due, perché i tassi sono destinati a scendere ancora e la domanda di titoli sicuri, in particolare governativi, rimane alta. La migrazione verso emissioni di qualità vale anche per gli Stati Uniti. In America, però, i tassi sono scesi più che in Europa ed è più vicino il momento in cui le politiche monetarie e fiscali espansive potrebbero ravvivare l’inflazione. Per questo la percentuale di fund manager che prevede un ulteriore apprezzamento delle obbligazioni è più bassa (17%).

Tra euro e dollaro la sfida è aperta Nei prossimi mesi, il rapporto tra euro e dollaro sarà influenzato da fattori contrastanti. Da un lato il calo dei tassi di interesse in Europa gioca a favore del dollaro, dall’altro la crescita della spesa pubblica per sostenere la ripresa economica e aiutare il mercato finanziario potrebbero penalizzare la valuta statunitense. Il cambio è influenzato anche dalla rapidità con cui le due aree riusciranno ad uscire dalla recessione e dall’andamento dei prezzi delle materie prime. Per il 38% dei gestori, il rapporto rimarrà attorno agli attuali livelli, mentre per il 31% sarà ancora il biglietto verde ad apprezzarsi.

Hanno partecipato al sondaggio, condotto tra l’8 e il 16 gennaio, 29 delle principali società di diritto italiano ed estero operanti sul territorio, che contano per circa il 90% degli asset gestiti in Italia. Si tratta di Aberdeen Am, Aletti Gestielle, Allianz Global Investors Italia, Axa Im, Banca Ifigest, Banca Profilo, Bipiemme Gestioni, Bnp Paribas Am Sgr, Consultinvest, Credit Suisse Am, DekaBank, East Capital, Eurizon Capital, Euromobiliare AM, Fideuram Investimenti, Henderson Global Investors, Ing IM, Julius Baer, Maxos sim, Mps Am, Pictet Funds, Pioneer Im, Schroders, Sella Gestioni, Sgam, Soprarno Sgr, Standard Chartered Bank, Union Investment, Vontobel.

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Info autore

Sara Silano

Sara Silano  è caporedattore di Morningstar in Italia

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