L’importanza della scelta

A due mesi dall’avvio della riforma e dopo il rebus dei moduli di adesione, i numeri della previdenza integrativa cominciano a muoversi, con i fondi negoziali che la fanno da padrone. Ma sono ancora molti i lavoratori incerti, ai quali l’unico consiglio è quello di esprimersi e non aspettare che altri scelgano per loro.

Maria Grazia Briganti 02/03/2007 | 13:41
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Il conto alla rovescia è partito e i sei mesi per scegliere sono ormai diventati quattro. Non passa giorno senza che non si aggiungano nuovi tasselli al puzzle previdenziale che dovrà vedere la sua composizione il primo luglio 2007.

Una delle notizie della settimana è la consegna, con le buste paghe di febbraio, dei formulari ufficiali elaborati dal ministero del welfare da compilare per effettuare la scelta. Questi devono essere utilizzati come conferma anche da coloro che hanno già aderito a una forma previdenziale tra gennaio e febbraio, utilizzando i moduli fai-da te forniti dall’azienda, che non sono quindi giudicati sufficienti.

Dati ufficiali non ce ne sono ancora, ma l’aria che si respira presso le segreterie dei fondi pensione di categoria è di una certa soddisfazione circa l’andamento delle nuove iscrizioni in questo primo scorcio d’anno.

Fonchim, ad esempio, il fondo negoziale dei chimici e farmaceutici, tra gennaio e febbraio ha raccolto oltre 6.300 nuove adesioni. Un tasso di crescita superiore al 5% in due mesi rispetto ai circa 122.000 iscritti di fine 2006. E ricordiamo che Fonchim è, tra i fondi di categoria, quello che ha il tasso di adesione su totale dei possibili aderenti, più alto, pari a oltre il 64%.

Meno euforico è il clima presente nelle società che gestiscono i fondi pensione aperti. Innanzitutto perché la mancanza del contributo del datore di lavoro, possibile solo in caso di un accordo collettivo su base aziendale con la SGr che istituisce il fondo, di fatto penalizza il prodotto aperto rispetto al negoziale. E poi vi è la sensazione che i lavoratori incerti prenderanno ancora tempo prima della decisione e il ritardo dell’arrivo dei moduli non ha aiutato a fare chiarezza sulle modalità di sottoscrizione.

Questo comportamento di attesa è emerso anche dall’osservatorio commissionato da Assogestioni a Gfk Eurisko, sugli atteggiamenti di previdenza integrativa. Ben il 59% degli intervistati tra il 22 e il 30 gennaio non ha ancora un’opinione precisa di cosa fare del Tfr.

Tra chi ha invece ha le idee più chiare, il 47% pensa di lasciarlo in azienda e solo il 5% - che proiettato sulla popolazione equivale a circa 500 mila individui- pensa di destinarlo alla previdenza complementare attraverso un fondo pensione aperto.

Un’aspettativa che, se tradotta nella pratica, porterebbe al raddoppio in pochi mesi del numero degli aderenti ai fondi aperti, a fine dicembre pari a 435.354 unità. Le masse in gestione, invece, secondo i dati di fine anno pari a 3,5 miliardi di euro, dovrebbero ricevere una crescita ancora più elevata perché assorbirebbero il Tfr maturando.

Insomma, qualcosa comincia a muoversi, ma la grossa fetta delle adesioni si avrà a partire da aprile e solo da luglio si potrà tentare un bilancio su questi primi sei mesi dei lavoratori alle prese con la riforma pensionistica.

Quello che vale la pena sottolineare, qualunque sia l’orientamento del risparmiatore, è l’importanza della scelta. Non scegliere significa lasciare ad altri la decisione sulla propria pensione. Il meccanismo del conferimento tacito porta all’assorbimento del Tfr in una posizione di default, quella più conservativa, che può contrastare con l’orizzonte temporale del lavoratore, soprattutto se è da poco entrato nel mondo del lavoro e ha davanti a sé un congruo numero di anni per fare sì che la sua pensione cresca.

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Maria Grazia Briganti  è stata editor & analyst di Morningstar Italy

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