Il mercato si prepara all’Election day

Le presidenziali americane sono un appuntamento importante anche per gli investitori. La chiamata alle urne sta già avendo effetti sulle decisioni della Fed. Ma gli operatori devono stare attenti, soprattutto all’industria farmaceutica. 

Marco Caprotti 03/06/2016 | 08:57
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Meglio un portafoglio con i colori democratici o repubblicani? A cinque mesi dalle elezioni americane (si terranno l’8 di novembre) la domanda risuona sempre più spesso nelle sale operative e nella mente dei risparmiatori, mano a mano che i candidati snocciolano i loro programmi elettorali.

Ma davvero la vittoria di una parte o dell’altra può (o deve) far cambiare strategia di investimento? “Le ricerche che si sono occupate di presidenti e mercati azionari sono arrivate a risultati contradditori”, spiega un report firmato da Brian Hahn, Managing director di Neuberger Berman. “Alcuni studi hanno mostrato che gli inquilini della Casa bianca democratici hanno fatto bene ai rendimenti delle azioni. Altre suggeriscono che una vittoria del genere ha fatto bene solo alle small cap, mentre le blue chip sono salite indipendentemente dall’amministrazione alla guida del paese. I repubblicani, invece, avrebbero dato una mano alle obbligazioni. Ci sono poi ricerche secondo cui, a prescindere da chi vince, le quotazioni dell’equity scenderebbero durante la prima metà del periodo presidenziale per poi risalire nella seconda fase. Va sottolineato però che questi risultati dipendono in larga parte dal tipo di dati utilizzati. Ad esempio, lo stesso studio sulle small cap dimostrava l’outperformance di questo segmento con le presidenze democratiche nel periodo che va dal 1929 al 1992. Ma gli stessi autori hanno dovuto ammettere che questo trend non si vedeva se si analizzavano i dati a partire dal 1937”.

Fed a due facce
A prescindere dal risultato, la tornata elettorale qualche effetto sui mercati lo sta già avendo. “La vicinanza tra le elezioni presidenziali statunitensi e la riunione di settembre della Federal Reserve sta obbligando la Banca centrale a rivedere la sua strategia di aumento dei tassi d'interesse”, spiega uno studio firmato da Salman Ahmed, responsabile degli investimenti di Lombard Odier Investment Managers. “L’attuale modus operandi della Federal Reserve fuorvia mercati e investitori: prima alimenta le aspettative di un rialzo e poi attua invece misure dovish. In un contesto in cui qualsiasi shock esterno può avere conseguenze sull'economia statunitense, direttamente o tramite i mercati finanziari, alla Federal Reserve restano poche finestre di opportunità per aumentare i tassi, mentre cerca di navigare tra una miriade di potenziali difficoltà: il momento politico del paese, la maturità del ciclo economico statunitense e le sfide strutturali poste da Europa, Cina e Giappone”.

Occhio al pharma
Dal punto di vista strettamente operativo, se c’è un settore le cui fortune sono appese al voto degli americani è quello della salute. I repubblicani hanno più volte detto che intendono abrogare l’Affordable Care Act (la legge voluta dall’amministrazione Obama che allarga la protezione sanitaria anche agli indigenti). I democratici, da parte loro, hanno ripetuto (fra le altre cose) che intendono calmierare i prezzi dei medicinali.

“Gli investitori devono guardare alla competizione elettorale americana in maniera molto pragmatica”, dice Karen Andersen, analista di Morningstar. “In attesa di conoscere chi sarà il vincitore, se in portafoglio hanno società farmaceutiche, devono capire quanta parte del business di quelle aziende deriva dagli Usa. In questo senso la diversificazione è importante. C’è poi la questione dei prezzi. L’industria della salute è molto più restia ad aumentare i costi per i pazienti rispetto a qualche mese fa, a causa delle pressioni delle associazioni dei consumatori. Quindi, anche senza un intervento della politica, molte società non potranno fare affidamento su questa voce per far andare bene i loro bilanci”.

 

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Info autore

Marco Caprotti

Marco Caprotti  è Giornalista di Morningstar in Italia.

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