L'America si prepara alla prova dei tassi

I dati macro Usa mostrano che la prima economia del mondo non sta correndo come sperato. Ma le condizioni per un rialzo del costo del denaro stanno comunque maturando. 

Marco Caprotti 05/08/2015 | 10:02
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Mentre studiano i dati macroeconomici per capire quando la Federal Reserve aumenterà i tassi di interesse, gli investitori continuano ad acquistare asset Usa. L’indice Russell di Wall Street, nell’ultimo mese (fino al 3 agosto e calcolato in euro), ha guadagnato l’1,8%, portando a +13,2% la performance da inizio anno. Segno che, nonostante un quadro congiunturale contradditorio, gli operatori credono nella ripresa americana.

Lo scenario macro
Gli ultimi dati sul Pil dicono che l'economia americana nel secondo trimestre dell’anno ha registrato una crescita del 2,3%, dopo il +0,6% nei primi tre mesi, contro aspettative degli analisti per un +2,6%. I redditi personali a giugno sono cresciuti dello 0,4% (in linea con le stime) e i consumi hanno visto un +0,2%, esattamente quanto indicato dal consensus. La crescita delle spese, però, è stata la più lenta da febbraio, cosa che va ad alimentare ulteriormente il dibattito sulla tempistica con cui la Federal Reserve inizierà ad alzare i tassi di interesse per la prima volta dal 2006. L’approccio della Banca centrale americana dipenderà dai dati economici, motivo per cui si resta in attesa di ulteriori conferme dell'andamento dell'economia Usa. Le spese per costruzioni nel mese di giugno, intanto, sono salite dello 0,1%. Il dato è inferiore alle attese degli analisti che puntavano a un +0,6%. L'indice Pmi manifatturiero nel mese di luglio è salito a 53,8 punti dai 53,6 del mese di giugno, quando aveva toccato il minimo degli ultimi 20 mesi.

Molto forti i dati del settore immobiliare, con i nuovi cantieri che a giugno sono aumentati di quasi il 10% mese su mese (a quasi 1,2 milioni) e i permessi di costruzioni che sono saliti del 7,4% a 1,34 milioni (massimo dal 2007). Si è mantenuto sui massimi (dal 2005) anche l’indice di fiducia dei costruttori (NAHB) che, a luglio, è stato confermato a quota 60.

Per quanto riguarda gli indici manifatturieri, è salito, ma evidenziando ancora componenti di debolezza, l’Empire della Fed di New York, mentre è sceso nettamente (quasi di10 punti) l’indice della Fed di Philadelphia. L’indice di fiducia dei consumatori elaborato dall’Università del Michigan è sceso di circa tre punti a luglio, attestandosi a 93,3. I consumatori americani, quindi, hanno mostrato qualche preoccupazione per gli sviluppi dell’economia mondiale, anche se l’indice rimane su livelli elevati.

E i tassi di interesse?
Per quanto riguarda il futuro, l’ultimo rapporto sugli Usa preparato dal Fondo monetario internazionale sottolinea che “un mercato del lavoro solido, condizioni finanziarie accomodanti e un petrolio meno caro dovrebbero favorire una traiettoria più dinamica nel resto dell'anno'. Detto questo, spiega il Fmi, l'andamento più debole dei primi mesi dell'anno, inevitabilmente frenerà la crescita del 2015”, attesa al 2,5%, mentre nel 2016 il Pil dovrebbe segnare un +3%. Le attese sull'andamento dell'inflazione restano basse, mentre “i livelli di disoccupazione di lungo termine e l'alto numero di lavoratori part time indicano che la domanda nel mercato del lavoro è ancora fiacca”, tanto più che i salari crescono lentamente. Secondo l’Fmi un ulteriore apprezzamento del dollaro rappresenta “un rischio importante per la crescita”.

Tutti elementi che riguardano anche le analisi sulla tempistica del rialzo dei tassi di interesse. “Sono tre i fattori chiave a livello economico che il mercato e la Fed osservano con attenzione negli Stati Uniti: la crescita del Pil, l'occupazione e la pressione inflazionistica. Se questi continuano il trend positivo allora l'economia nel complesso è pronta a sostenere una valuta più forte”, spiega un report firmato da Ugo Lancioni, Responsabile valutario di Neuberger Berman. “Saranno da seguire da vicino i due meeting della Fed di settembre e dicembre che possono generare effetti sul fronte valutario, in cui è assai probabile venga annunciato un rialzo dei tassi dello 0,25%. Ritengo più verosimile che questo annuncio avvenga a settembre più che a dicembre, per evitare la volatilità tipica della fase finale dell'anno”. 

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Info autore

Marco Caprotti

Marco Caprotti  è Giornalista di Morningstar in Italia.

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