Chesapeake ha cambiato marcia

Sotto la guida del nuovo Ad Doug Lawler la compagnia energetica sta migliorando in credibilità e in risultati, ma il mercato continua a scontare il titolo di circa il 40% rispetto al nostro fair value.

Francesco Lavecchia 04/11/2014 | 14:52
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L’accordo con Southwestern Energy è l’ennesimo capitolo della rivoluzione di Chesapeake (CHK) firmata dal nuovo amministratore delegato Doug Lawler. I nostri analisti giudicano positivamente l’operazione e mantengono invariata la stima del fair value a quota 37 dollari. Le attività localizzate a Marcellus e a est di Utica saranno cedute per circa 5 miliardi di dollari (la dismissione sarà perfezionata durante il quarto trimestre) e la loro vendita servirà a CHK per ridurre l’indebitamento e per riallocare le risorse in business a più alto rendimento del capitale.

Il cambio di rotta del nuovo Ad
Questo è solo l’ultimo provvedimento adottato da Lawler, Ad dal giugno del 2013, per rimettere in ordine il bilancio aziendale e per aumentare l’efficienza della struttura operativa. I nostri analisti credono alla cura del nuovo management e alla capacità dell’azienda di aumentare sia la produzione che le riserve e incorporano nelle loro aspettative un significativo miglioramento del margine operativo che dovrebbe salire dall’attuale 8,9% al 23% nel 2018.

I rischi maggiori, come per tutte le società del settore energy, sono legati all’andamento del prezzo del greggio. Se le quotazioni dovessero mantenersi a lungo su questi livelli, rappresenterebbero un freno importante alla crescita della profittabilità e allo sviluppo di nuovi progetti di esplorazione. Questo, a sua volta, impatterebbe in maniera negativa sulla gestione finanziaria dell’azienda, già appesantita dall’elevato impiego di capitale per investimenti.

Il vantaggio è nel portafoglio delle attività
Sono rare le società, come Chesapeake, che hanno dimostrato una così grande capacità ad acquistare terreni confinanti e ad uno stadio di sviluppo ancora iniziale. Il gruppo americano è presente in ogni area degli Usa in cui si produce petrolio “non convenzionale” (come ad esempio quello da sabbie bitume o gas liquefatto) per un totale di circa 13 milioni di acri. I nostri analisti riconoscono al suo portafoglio di attività un elevato potenziale di monetizzazione (dato il grande interesse da parte di molti potenziali investitori) e attribuiscono al gruppo statunitense una posizione di vantaggio all’interno del settore (Economic Moat).

 

Per leggere l'analisi completa su Chesapeake Energy clicca qui.

 

 

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Info autore

Francesco Lavecchia

Francesco Lavecchia  è Research Editor di Morningstar in Italia

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