Come scovare l’Investor gap

Se i rendimenti non sono quelli attesi è bene guardare cosa ha in portafoglio il fondo e le scelte del gestore.  

Marco Caprotti 26/06/2014 | 09:54
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In America lo chiamano Investor gap. In soldoni (anche se il calcolo in realtà è abbastanza complesso), si tratta della differenza fra il rendimento di un fondo espresso sulla carta e il suo andamento reale rispetto alle attese degli investitori. Un elemento sempre importante, ma che assume una connotazione particolare quando si parla di fondi bilanciati perché, a differenza di altri portafogli, devono la loro performance a due asset class completamente diverse come azioni e obbligazioni.

Occhio ai movimenti
“L’Investor gap deriva direttamente dalle scelte di asset allocation fatte da un gestore o, più in generale, da un investitore”, spiega Greg Carlson, analista di Morningstar. “Di solito si pensa che questo differenziale sia molto ampio, soprattutto negli strumenti più rischiosi o specializzati. In realtà interessa anche i bilanciati. Prodotti dedicati ai mercati emergenti o a determinati segmenti, subiscono frequenti movimenti di portafoglio per anticipare i trend dei mercati di riferimento. Ma la rotazione degli asset riguarda anche i bilanciati che, per la loro natura di strumenti prudenti - anche nella loro forma più aggressiva - devono essere aggiustati in base alle esigenze degli investitori e dei mercati”.

I gestori cambiano l’allocazione in base alle stime per equity e bond e la bilanciano anche in base alle prospettive delle diverse regioni. “Gli investitori, tuttavia, non devono aspettarsi grandi trasformazioni rispetto a quella che è l’impostazione del fondo. I minimi aggiustamenti, comunque, possono fare la differenza”, dice l’analista.

Cosa c’è nel fondo
Per questo motivo, l’analisi di quello che si trova all’interno di un fondo bilanciato diventa particolarmente importante. Soprattutto negli Stati Uniti dove la maggior parte di questi prodotti, a differenza di quello che avviene nel Vecchio continente, sono guidati da più gestori che, a seconda dell’asset di competenza, utilizzano strategie diverse. “Diventa quindi importante studiare sia le componenti equity e obbligazionaria del prodotto, sia il modo di muoversi dei diversi manager”, continua Carlson. “La perfetta interazione dei due tipi di titoli rappresenta la situazione ideale.

Ma bisogna anche considerare che un portafoglio è molto di più della somma aritmetica delle sue parti. L’elemento azionario, ad esempio, potrebbe essere rappresentato da titoli growth, mentre quello obbligazionario da high yield. Due elementi che, insieme, possono rendere il fondo più pericoloso di quello che appare a prima vista”. 

Le informazioni contenute in questo articolo sono esclusivamente a fini educativi e informativi. Non hanno l’obiettivo, né possono essere considerate un invito o incentivo a comprare o vendere un titolo o uno strumento finanziario. Non possono, inoltre, essere viste come una comunicazione che ha lo scopo di persuadere o incitare il lettore a comprare o vendere i titoli citati. I commenti forniti sono l’opinione dell’autore e non devono essere considerati delle raccomandazioni personalizzate. Le informazioni contenute nell’articolo non devono essere utilizzate come la sola fonte per prendere decisioni di investimento.

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Info autore

Marco Caprotti

Marco Caprotti  è Giornalista di Morningstar in Italia.

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