Etf settoriali, il costo della replica

Bassi costi e fedeltà al sottostante sono le virtù di quelli difensivi. Al contrario, replica fisica e costi impliciti impattano su quelli più legati all’andamento dei mercati azionari.  

Azzurra Zaglio 30/12/2013 | 16:26
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Punti chiave

I settori anticiclici sono fedeli replicanti

- Gli Etf con focus su energia e tecnologia invece presentano costi più alti, specie se fisici

- Tipologia di replica e costi impliciti impattano sulla performance


La fedeltà non è per tutti. Nemmeno tra gli Etf. I replicanti dei settori anticiclici, ad esempio seguono più da vicino il benchmark di riferimento rispetto a quelli che, come gli energetici e i tecnologici, si fanno influenzare dagli andamenti del mercato. Nel secondo caso, l’Estimated holding cost (Ehc, indicatore di costo sintetico di Morningstar che misura la performance realizzata rispetto all’indice di riferimento al netto dei costi espliciti e impliciti) raggiunge valori anche oltre il -1. Settori come il pharma, le utility e le comunicazioni, al contrario, rimangono molto vicini allo zero (punto di replica perfetta).

Gli Etf fisici con focus su energia e hi tech hanno mediamente valori pari a -1,3 e -1,6, rispettivamente. Non così quelli sintetici dello stesso settore (0,3 e 0,2). Anche la tipologia di replica, quindi, sembra fare la differenza.

Se la replica ti dice cosa scegliere
La replica sintetica tende ad avere Ter (componente di costo più importante nell’universo delle commissioni) più bassi. Non si può però generalizzare, poiché spesso le altre voci di spesa (prestito titolo, swap, ribilanciamento, ecc) influiscono in modo importante nel risultato finale. Per gli investitori di lungo termine, per esempio è la tracking difference l’indicatore più importante.

Gli analisti Morningstar concludono che non ci sia un metodo di replica preferibile in termini di costi. Tuttavia, hanno notato che gli investitori tendono a preferire quella fisica in quanto più semplice da comprendere. E in mercati molti liquidi questa scelta ha un senso. Al contrario, in contesti con sottostanti illiquidi, sono i replicanti sintetici (swap based) ad avere la meglio. Ma ancora una volta, dicono gli analisti, è solo una regola generale e bisogna considerare i singoli casi. 

Metterli in portafoglio
Gli Etf settoriali si sono mostrati mediamente più convenienti di quelli geografici. Il loro impiego all’interno del portafoglio è prettamente tattico. I più difensivi, sono adatti durante periodi di forte volatilità dei mercati. Quelli più ciclici invece servono per cavalcare l’onda della ripresa. Lo svantaggio però c’è anche qui. “Il rischio è la forte concentrazione in poche società. Per alcuni addirittura pochissime”, dice Gordon Rose, Etf Analyst di Morningstar. “Pertanto, il rischio da considerare, oltre a quello di mercato, è anche quello della solvibilità e solidità delle singole aziende. Variabile che di solito chi decide di investire in strumenti passivi, vorrebbe evitare”.

 

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Info autore

Azzurra Zaglio

Azzurra Zaglio  è stata Redattrice di Morningstar in Italia.

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