L’energia pulita rimane a secco

Nel 2012 gli investimenti globali calano dell’11% rispetto all’anno precedente. In Italia pesa la nuova normativa. Le performance restano deludenti.

Valerio Baselli 24/01/2013 | 11:32
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A sentire il discorso di Barack Obama, ai tempi della sua prima elezione nel 2008, la green economy doveva essere il futuro. A distanza di oltre quattro anni, ci si rende conto che evidentemente quel futuro non è dietro l’angolo. La crisi economico-finanziaria, infatti, non ha risparmiato il settore delle energie rinnovabili: secondo l’ultimo rapporto Bloomberg New Energy Finance gli investimenti globali nelle fonti di energia pulita sono stati nel 2012 pari a 268 miliardi di dollari, l’11% in meno rispetto al 2011, anno record con 302 miliardi. Volendo vedere il lato positivo, però, la cifra del 2012 è comunque quasi cinque volte quella del 2004, in epoca pre-crisi.

La Cina corre. Solo Madrid peggio di Roma
Le forbici fra i vari paesi sono molto ampie. Le due economie più importanti del continente asiatico, per esempio, hanno fatto registrare dati estremamente contraddittori: mentre in Cina gli investimenti sono cresciuti di un quinto rispetto al 2011 (+20%), in India le restrizioni delle autorità locali su eolico e solare hanno fatto registrare un -44%. Anche gli Stati Uniti hanno visto una riduzione degli investimenti pari al 32%.

In Europa, tra le cause citate dagli analisti, ci sono l’incertezza nel quadro legislativo e i cambiamenti delle politiche in alcuni mercati importanti, soprattutto nella parte meridionale del Vecchio continente, su cui pesano la crisi del debito e i relativi provvedimenti di austerity: in Italia la contrazione degli investimenti è stata del 51%, a 14,7 miliardi di dollari. Ma c’è chi ha fatto peggio di Roma: la Spagna, a causa delle politiche di austerità di Mariano Rajoy ha riportato un passivo del 68% rispetto all’anno precedente, ad appena tre miliardi.

In evidenza invece paesi come il Sud Africa, dove nel 2012 sono stati investiti 5,5 miliardi di dollari in solare ed eolico, contro le poche decine di milioni del 2011. Exploit anche per il Giappone, dove il dibattito sulle energie pulite si è acceso dopo il disastro nucleare di Fukushima, e il nuovo programma di incentivi ha aiutato gli investimenti a crescere del 75% a 16,3 miliardi di dollari. Secondo il report, inoltre, il mercato delle rinnovabili si sta rapidamente allargando anche in Africa, Medio Oriente, Oceania e Sudamerica. Paesi come Australia, Marocco, Ucraina, Messico, Corea del Sud, ma anche Kenya ed Etiopia, hanno avviato nel corso dell’anno almeno un progetto di valore superiore a 250 milioni di dollari.

In Italia pesa la normativa
Nel Belpaese, la riduzione è dovuta principalmente ai cambiamenti nella normativa, che hanno causato una frenata del boom del fotovoltaico. Nello specifico, si tratta dei due decreti varati dal governo Monti a luglio 2012, che hanno modificato il sistema degli incentivi per le energie rinnovabili. Con il Quinto Conto Energia i sussidi per la produzione di energia solare sono stati infatti ridotti del 30%, per arrivare a regime a un taglio del 50%, mentre altre risorse sono state destinate a fonti di energia diverse, come la geotermia e le biomasse.

Poche soddisfazioni per gli investitori
Chi ha deciso di dedicare parte del proprio portafoglio all’energia alternativa, non ha avuto molti motivi per sorridere, purtroppo. Nella maggior parte dei casi, infatti, le performance dei fondi e degli Exchange traded fund disponibili in Italia dedicati a questo settore, hanno registrato delle perdite.

Fondi ed Etf della categoria Azionari Energia Alternativa, per rendimento a un anno

Dati in euro al 23 gennaio 2013, al lordo dell’imposta sul Capital gain.
I dati Etf sono calcolati sui prezzi di chiusura di Borsa Italiana.
Fonte: Morningstar Direct

 

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Info autore

Valerio Baselli

Valerio Baselli  è Giornalista di Morningstar.

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