Alto dividendo: una boa contro la tempesta

Controllo della volatilità, maggiore diversificazione, rendimenti più alti. Gli investitori hanno diverse ragioni per puntare sulle cedole ricche.

Marco Caprotti 05/12/2011 | 09:44
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Durante le tempeste finanziarie gli investitori devono ormeggiarsi ad almeno tre boe: una che garantisca un guadagno prevedibile nel tempo, una che migliori la diversificazione e una che riduca la volatilità del portafoglio. Un galleggiante che offre tutte e tre queste caratteristiche è rappresentato dalle azioni che pagano alti dividendi. “Questo tipo di titoli possiedono gli attributi di cui gli operatori hanno bisogno nei momenti di incertezza dei mercati e possono completare un portafoglio troppo esposto alle obbligazioni”, spiega uno studio firmato da Dreyfus (gruppo BNY Mellon).

Le strategie cambiano con la storia
I dividendi, a partire dalla metà degli anni ’20 del secolo scorso, sono stati una buona fonte di rendimento, soprattutto se utilizzati all’interno di un portafoglio ben diversificato. A partire dagli anni ’90 la situazione è cambiata. All’inizio del 2000 questo tipo di asset di investimento ha subito due forti spallate: la prima è arrivata con la febbre di Internet che ha portato gli investitori a puntare su quelle azioni che crescevano in fretta, a prescindere da considerazioni come i fondamentali, le prospettive industriali, la gestione e il vantaggio competitivo.

La seconda l’hanno tirata i prodotti strutturati che, fra le pieghe di un’architettura spesso molto complicata, facevano intravedere la possibilità di rendimenti stellari. “Gli investitori hanno iniziato a pensare che non valesse la pena investire nei titoli ad alta cedola e li hanno fatti finire nell’ombra”, continua lo studio di Dreyfus. Ma con le recenti crisi finanziarie lo scenario è mutato completamente. Negli Stati Uniti a intervalli regolari si parla di una nuova recessione, l’Europa è alle prese con il problema del debito sovrano di alcuni stati che può infettare l’economia globale mentre in Cina si cerca il sistema di far viaggiare un motore che rischia di andare fuori giri. “Quando gli investitori osservano questo scenario, si rendono conto che i loro bisogni sono diversi da quelli degli anni ’90 e 2000”, continua il report di Dreyfus. “Oggi cercano una fonte di guadagno stabile e l’apprezzamento dei capitali impiegati. Elementi che possono essere ottenuti inserendo in portafoglio le azioni che pagano alti dividendi”.

Lo scenario in Italia
In Italia, secondo uno studio di Francesco Lavecchia, analista azionario di Morningstar Italy, fra i titoli che nell’ultimo anno hanno sovraperformato l’indice Ftse/Mib ci sono molti di quelli che pagano le cedole più interessanti. Piquadro (accessori) ha un rendimento vicino al 6% (l’ultima asta di Btp a cinque anni è stata piazzata promettendo uno yield del 6,29%). Eni (energetici) ne dà uno del 4,6%, Enel (utility) del 3,6%. “Puntare su questo tipo di titoli può essere una strategia per cercare di navigare nei momenti di tempesta”, dice Lavecchia. “Tuttavia bisogna stare attenti ad evitare la cosiddetta trappola dei dividendi. Lo yield di un’azione è dato dal rapporto fra dividendo e prezzo. Un elevato rendimento, quindi, potrebbe essere la conseguenza di prezzi molto bassi. Ecco perché puntando troppo su questo tipo di asset, si rischia di incappare in titoli ormai bocciati dal mercato, o comunque con basse prospettive di crescita, che deprimono il valore totale del portafoglio”. La regola della moderazione vale anche quando si sceglie il titolo su cui investire: non è detto infatti che l’azienda che stacca la cedola più alta sia necessariamente la migliore. Può avere raggiunto il punto massimo di crescita dei profitti e a quel punto decidere di smettere di pagarli o di ridurli, rovinando la boa che garantisce i guadagni prevedibili nel tempo. Meglio, allora, orientarsi su chi ha dimostrato di saper far crescere i dividendi nel corso degli anni. Anche perché prova che è stabile in qualsiasi situazione di mercato.

Partendo da questo presupposto molti gestori di fondi venduti in Italia, secondo un sondaggio di Morningstar Italy, hanno deciso di inserire in portafoglio titoli dei paesi cosiddetti Piigs (l’acronimo che indica Portogallo, Irlanda, Italia, Grecia e Spagna) che nel corso degli anni hanno pagato stabilmente la cedola. I più gettonati sono Eni ed Enel che, essendo controllati dal

ministero del Tesoro, tutti gli anni versano un buon dividendo agli azionisti con cui contribuiscono anche a dare un po’ di ossigeno alle sfiancate casse statali.

Le informazioni contenute in questo articolo sono esclusivamente a fini educativi e informativi. Non hanno l’obiettivo, né possono essere considerate un invito o incentivo a comprare o vendere un titolo o uno strumento finanziario. Non possono, inoltre, essere viste come una comunicazione che ha lo scopo di persuadere o incitare il lettore a comprare o vendere i titoli citati. I commenti forniti sono l’opinione dell’autore e non devono essere considerati delle raccomandazioni personalizzate. Le informazioni contenute nell’articolo non devono essere utilizzate come la sola fonte per prendere decisioni di investimento.

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Info autore

Marco Caprotti

Marco Caprotti  è Giornalista di Morningstar in Italia.

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