Caccia al virus Europa

Il Vecchio continente può rallentare il resto del mondo. Ma, fra Orso e Toro, ci sono opportunità di guadagno.

Marco Caprotti 19/07/2012 | 14:15
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Il virus Europa inizia a spaventare seriamente il resto del mondo. L’allarme più forte è stato lanciato nei giorni scorsi dal Fondo monetario internazionale. L’organizzazione nel suo World Economic Outlook ha ritoccato al ribasso le stime per l’economia globale: nel 2012, al 3,5%, e nel 2013, al 3,9%.

La politica prende insufficiente
Nel dettaglio, l’Fmi ha tagliato le stime di crescita per l’area euro nel 2013 a +0,7%, ovvero 0,2 punti percentuali in meno rispetto ad aprile. Per il 2012 ha invece confermato una contrazione dello 0,3%. Per gli Usa il Fondo ha rivisto al ribasso di 0,1 punti percentuali sia le stime 2012 sia quelle del 2013 a rispettivamente +2,0% e +2,3%. “Negli ultimi tre mesi il recupero mondiale, che già non era forte, ha mostrato nuovi segnali di debolezza”, dice lo studio dell’Fmi. “I pericoli di una contrazione continuano ad essere visibili riflettendo il rischio di un ritardo o di un’insufficiente azione da parte della politica”. Il riferimento ai governi del Vecchio continente e alla loro incapacità di trovare una soluzione credibile alla crisi del debito della regione dopo 19 incontri ai massimi livelli è evidente.

Anche l’accordo raggiunto nel meeting di fine giugno (utilizzo del fondo Salva-stati per acquistare bond governativi e per ricapitalizzare le banche in difficoltà) non sembra aver soddisfatto i mercati, nonostante una ripresa dei listini (peraltro mitigata dai dubbi della Banca centrale europea sulla crescita). Il taglio dei tassi di 25 punti base effettuato dalla Bce è servito a poco, visto che gli operatori se lo aspettavano e, quindi, era già incorporato nelle valutazioni delle azioni. La crisi, poi, inizia a farsi sentire a livello globale. “Le prospettive economiche mondiali restano difficili, alla luce del calo dell’attività manifatturiera in tutti i principali paesi”, spiega uno studio di Thomas White International. “Va meglio sui mercati emergenti, anche se forti segnali di rallentamento arrivano da stati importanti come, ad esempio, la Cina”.

L’Europa tira il freno al mondo
Uno scenario che, per colpa della situazione europea, ed in particolare a causa della debolezza del sistema bancario, secondo gli operatori è destinato a durare. “La questione principale che si pone oggi è quella di valutare il rischio di contagio economico della recessione europea al resto del mondo, soprattutto a Stati Uniti e Cina”, spiega uno studio firmato da Eric le Coz, deputy managing director di Carmignac Gestion. “Potete stare certi che, nonostante alcuni paesi dell’Eurozona siano già alle prese con una recessione particolarmente grave, per l’insieme dell’area il peggio deve ancora venire. Riteniamo ineluttabili le revisioni al ribasso delle previsioni di crescita in Francia e Germania. Inutile, poi sperare in un miracolo dai capi di stato e di governo dell’Eurozona. “Possiamo legittimamente dubitarne, tanto la coesione politica sembra fragile tra i nostri leader”, continua Le Coz. “Le divergenze sono ancora profonde tra i sostenitori di una rapida evoluzione verso il federalismo europeo e quelli che lodano il mantenimento assoluto e totale della propria sovranità nazionale, richiedendo al tempo stesso una maggiore solidarietà tra stati ed una condivisione del debito sovrano”. Per sottolineare le differenze fra i diversi stati della regione l’operatore di Carmignac cita un dato: “Negli ultimi dieci anni, il costo unitario del lavoro è aumentato del 7% in Germania. Nel contempo, è salito del 30% in Francia e Italia, del 35% in Spagna e del 42% in Grecia. L’obiettivo di restaurare, o piuttosto, costruire un’Unione economica, sembra ancora ben lontano”.

Un eventuale peggioramento della crisi dell’Eurozona, tra l’altro, potrebbe causare un fortissimo contraccolpo in termini di crescita sia nella regione sia a livello globale. “I crescenti timori riguardo al futuro dell’Eurozona avranno sicuramente un effetto frenante sulla fiducia economica mondiale e, al momento attuale, non è possibile escludere alcun esito”, spiega Mark Burgess, responsabile degli investimenti di Threadneedle Investments. “Una dissoluzione disordinata o conflittuale della zona euro avrebbe ripercussioni gravissime sull’economia mondiale, tali da far impallidire la recessione seguita al crollo di Lehman”.

Volatilità, unica certezza
Dal punto di vista operativo bisogna capire quali effetti questa situazione potrebbe avere sui bilanci delle società quotate. Per questo bisogna fare una distinzione fra mercati emergenti ed economie sviluppate. “Nel primo caso l’espansione economica, che è stata il motore della crescita globale, nei prossimi tre-cinque anni subirà un raffreddamento riuscendo comunque a fare meglio degli stati più evoluti”, spiega uno studio di Pimco. “Questo significa che le aziende delle economie in via di sviluppo dovranno fare i conti con una minore richiesta a cui faranno fronte abbassando il costo del lavoro. Per quanto riguarda le economie sviluppate, i bilanci delle imprese sono in buona salute. Molti gruppi sono in grado di continuare a crescere anche in momenti di difficoltà”.

Segnatamente per l’Europa, secondo Pimco gli investitori dovranno fare i conti con un lungo periodo di crescita rallentata che, in alcuni momenti, potrà trasformarsi in recessione. Uno scenario simile al cosiddetto “decennio perso” del Giappone negli anni ’90. “Questo potrebbe portare due evoluzioni: una da mercato Toro e una da Orso”, continua il report. “Il primo caso nascerebbe dall’introduzione dell’Eurobond, da una maggiore integrazione delle politiche fiscali nazionali e da riforme strutturali che darebbero una spinta alla congiuntura. Lo scenario peggiore, invece, prevede una spaccatura dell’Eurozona. Entrambi i quadri, però, assicurano agli investitori una cosa sola: la volatilità”.

 

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Info autore

Marco Caprotti

Marco Caprotti  è Giornalista di Morningstar in Italia.

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