Europa, il regno dell’incertezza

I fondi dedicati alla regione stanno soffrendo per la volatilità dei listini, ma anche per le deboli prospettive future dell’area. Il calo del petrolio non riesce a dare una mano. 

Marco Caprotti 24/02/2016 | 14:59
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Chi ha investito in Europa vede nero. E, se si guarda indietro, non si consola. I fondi dedicati al Vecchio continente nell’ultimo mese hanno perso (mediamente e a livello di singole categorie) il 2,5%. Secondo l’analisi Morningstar del Max drawdown, inoltre, dai massimi degli ultimi tre anni i portafogli specializzati sulla regione si sono persi per strada dal 10% al 13% (a seconda del segmento).

Performance che non sorprendono se si considera, oltre alla volatilità dei mercati globali da inizio anno, il quadro all’interno del quale si trova l’area. “Secondo noi il recupero dell’Europa sarà lento e i tassi di interesse resteranno ai minimi  nel 2016 e, probabilmente, nel 2017”, spiega Erin Davis, analista di Morningstar. “L’invecchiamento della popolazione e un alto livello di disoccupazione renderanno difficile per la regione tornare ai ritmi di crescita visti prima della crisi. Il rafforzamento della moneta unica, complica il lavoro della Bce che vorrebbe portare l’inflazione al 2%”. L’obiettivo previsto dall’Eurotower per quest’anno è l’1,9%.

Troppi dubbi
In base a una simulazione dell’Ocse, la maggiore incertezza politica e le aspettative di una crescita più lenta nel medio termine avrebbero un impatto negativo pari allo 0,5% del Pil nella Ue in due anni. Il calcolo presuppone un calo degli investimenti del 2,5% sia nel 2016 che nel 2017 (per l'economia mondiale l'impatto sarebbe di -0,2%). Si tratterebbe di uno shock pari a un quinto rispetto a quello segnato nel 2011. Se al calo degli investimenti si sommassero anche le tensioni finanziarie allora l'impatto sarebbe pari al -1,2% del Pil Ue e a quasi lo 0,6% di quello mondiale.

“La lentezza della ripresa della zona euro è un forte freno alla crescita globale e lascia l’Europa vulnerabile agli shock globali”, scrive l’Ocse nel suo ultimo rapporto, in cui rivede al ribasso le stime del Pil a +1,4% per il 2016 (0,4 punti in meno rispetto alle previsioni dello scorso novembre) e a +1,7% nel 2017 (-0,2 punti). “L’Europa deve accelerare sulle azioni comuni” e “parlare con una voce sola”, sottolinea il report, evidenziando la lentezza delle riforme soprattutto sul fronte del mercato unico.

Petrolio e debito
Quanto all’economia, l’effetto positivo del calo del petrolio sull'attività economica è stato inferiore alle attese. Inoltre i bassi tassi d'interesse e la flessione dell'euro non hanno ancora portato a un rafforzamento degli investimenti. In molti paesi europei, l'alto debito privato e la massa dei crediti deteriorati ostacolano il trasferimento degli aiuti dati dalla Bce all’economia reale. Il rischio, per l’Organizzazione, è che la zona euro resti intrappolata in una fase di bassa crescita e scarsa inflazione, con una fiducia sul medio termine troppo debole per generare i forti investimenti e le innovazioni che rafforzerebbero la produttività e la crescita dell'occupazione. Questo scenario va a incidere sul settore bancario, come dimostrano i forti cali accusati dai prezzi delle azioni e dei bond delle banche europee.

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Info autore

Marco Caprotti

Marco Caprotti  è Giornalista di Morningstar in Italia.

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