Su il velo dal prestito titoli

Uno studio di Morningstar analizza le pratiche più diffuse tra gli Etf fisici e stila una lista di raccomandazioni per migliorare la trasparenza.

Sara Silano 26/09/2011 | 09:38
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Il prestito titoli è molto diffuso nel mondo degli Etf fisici, ossia quelli che replicano l’indice di riferimento con lo stesso paniere di titoli (o un campione significativo di essi). Su questa pratica è stato lanciato un monito dalle autorità di vigilanza in primavera, in particolare dal Financial stability board nel suo documento sui rischi degli Exchange traded product.

Morningstar ha condotto un’analisi su undici emittenti europei che ricorrono al prestito titoli (per leggere lo studio completo, clicca qui), a cui hanno partecipato non solo i provider che hanno la quasi totalità dell’offerta in Etf fisici (come iShares e Hsbc), ma anche quelli con una gamma più limitata con queste caratteristiche (ad esempio Amundi).

Come funziona il prestito titoli
Il prestito titoli consiste nel prestare a terzi i titoli in portafoglio, in cambio di una commissione. In genere, chi prende a prestito (spesso hedge fund) spera di trarre profitto dal declino dei prezzi. Gli Etf ricorrono a questa pratica perché permette di ridurre (o talvolta eliminare) le varie fonti di tracking error (discostamento della performance rispetto al benchmark), attraverso i ricavi che genera. Questa operazione comporta dei rischi, primo fra tutti che chi prende a prestito fallisca e non restituisca i titoli. Per questa ragione, gli emittenti di Etf chiedono a garanzia un collaterale e si assicurano che il valore di quest’ultimo ecceda quello del prestito.

Le pratiche degli Etf provider
Il livello di rischio di controparte assunto varia da emittente a emittente. In alcuni casi è del 100%; in altri di pochi punti percentuali. L’analisi mostra che, nonostante possano spesso avere un’esposizione totale, nella realtà hanno percentuali inferiori. Anche il grado di protezione è differente. In Europa, la maggior parte degli emittenti utilizza come collaterale azioni e obbligazioni, con margini tra il 2 e il 15%. In misura minore sono usati strumenti monetari (liquidità o certificati di deposito). Un altro modo per mitigare il rischio consiste nell’attenta selezione della controparte e nella rivalutazione di prestiti e collaterale su base giornaliera. Infine, alcuni provider si assicurano dal rischio di default.

Per quanto riguarda l’impiego dei proventi, generati da questa attività, alcune società li trasferiscono interamente (al netto dei costi) al fondo; altri trattegono fino al 50% a copertura dei costi sostenuti. Per Hortense Bioy, analista europeo sugli Etf di Morningstar, il fatto che il 100% dei profitti sia riversato nel fondo offre un miglior rapporto rischio/rendimento agli investitori, i quali sono anche quelli che si assumono il 100% del rischio di questa pratica.

Trasparenza, si può fare di più
Lo studio boccia gli emittenti dal punto di vista della trasparenza, con l’eccezione di iShares, che da alcuni mesi ha cominciato a pubblicare dei rapporti trimestrali dettagliati sulla sua attività di prestito titoli, nei quali indica l’ammontare medio e massimo dei titoli prestati, il ritorno netto per il fondo, i livelli del collaterale, la sua composizione e le controparti più frequenti. “Sul rischio di controparte c’è più trasparenza tra gli Etf sintetici che tra quelli fisici”, dice Bioy. In effetti, oggi, la maggior parte dei provider di Etf sintetici comunica su base giornaliera l’esposizione al rischio di controparte e la composizione del collaterale sul sito della società.

Come fatto in passato per i replicanti swap-based, gli analisti di Morningstar hanno indicato alcune best practice per l’industria. La richiesta è di una disclosure giornaliera (sui siti Internet) dell’ammontare dei titoli in prestito espresso come percentuale del patrimonio netto del fondo, della percentuale massima di prestiti nei passati dodici mesi, dell’ammontare e della composizione del collaterale. Gli analisti suggeriscono anche maggior trasparenza sulle politiche di controllo del rischio, ad esempio con la comuicazione periodica delle principali controparti. Infine, raccomandano trasparenza sui profitti che tale pratica procura al fondo, per dare la possibilità agli investitori di valutare se sono adeguatamente remunerati per il rischio che corrono.

E’ chiaro che questi principi non valgono solo per gli Etf; al contrario è auspicabile che le autorità regolamentari rendano omogenee le regole di trasparenza per l’intera industria dei prodotti di investimento (compresi i fondi comuni), che, analogamente al segmento dei replicanti, assume questo tipo di rischi.

 

Le informazioni contenute in questo articolo sono esclusivamente a fini educativi e informativi. Non hanno l’obiettivo, né possono essere considerate un invito o incentivo a comprare o vendere un titolo o uno strumento finanziario. Non possono, inoltre, essere viste come una comunicazione che ha lo scopo di persuadere o incitare il lettore a comprare o vendere i titoli citati. I commenti forniti sono l’opinione dell’autore e non devono essere considerati delle raccomandazioni personalizzate. Le informazioni contenute nell’articolo non devono essere utilizzate come la sola fonte per prendere decisioni di investimento.

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Info autore

Sara Silano

Sara Silano  è caporedattore di Morningstar in Italia

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