Il valore dei micro Bric

Gli emergenti sono ancora ricchi di occasioni. Basta guardare al di là dei dati macroeconomici e puntare sulla ricerca di valore.

Valerio Baselli 17/10/2012 | 10:19
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I paesi Bric, sigla ormai celebre che indica le quattro principali economie in via di sviluppo, ovvero Brasile, Russia, India e Cina, non stanno vivendo il loro miglior momento. La crescita economica della Cina è scesa a un livello inferiore all’8% annuo, in Brasile la banca centrale sta tagliando i tassi di interesse per contrastare il rallentamento e in India l’espansione economica viaggia al più debole ritmo degli ultimi nove anni. Così, l’outlook dei mercati azionari emergenti non sembra più tanto favorevole. Eppure, gli investitori sarebbero incoraggiati se guardassero al di là dei semplici dati macroeconomici. Dopo tutto, storicamente, vi è una debole correlazione statistica tra crescita del Pil e rendimenti azionari.

Più micro che macro
Infatti, se si passa ad un’ottica microeconomica, ci si rende conto che a livello aziendale è più facile trovare investimenti attraenti sul lungo termine. Per esempio, prendiamo i dividendi. “Nel 1998 solo il 38% delle aziende dei mercati emergenti pagavano dividendi, nel 2011 erano l’88%”, commenta Stephen Burrows, gestore del fondo Pictet Emerging Markets High Dividend. “Inoltre, la distribuzione di dividendi è cresciuta il doppio rispetto al mondo sviluppato e oggi rappresenta quasi un terzo del rendimento complessivo di queste azioni. Sembra sorprendente, ma questi mercati, di solito meno trasparenti e più deboli sotto il profilo della governance, sono stati in grado di offrire una maggior potenziale di crescita dei rendimenti; in quest’ottica, la creazione di una cultura del dividendo rappresenta un’evoluzione particolarmente piacevole”. È anche significativo il fatto che la cultura del dividendo si sia diffusa anche in aziende con una storia di alti e bassi nel rapporto con gli azionisti. “Società russe, come Lukoil e Gazprom, hanno stabilito non solo una politica credibile dei dividendi, ma negli ultimi 18 mesi hanno aumentato le loro distribuzioni”.

Alla caccia di qualità..
Nonostante il potenziale di crescita delle economie in via di sviluppo, la vera svolta sta nella qualità delle società  emergenti all’interno dell’universo di investimento. “Negli ultimi anni, molte aziende di queste aree geografiche si sono sottoposte a una sorta di rivoluzione per diventare innovative e raggiungere un livello internazionale, portando più alti ritorni sul capitale e migliorando la propria profittabilità”, spiega in una nota Mattew Vaight, gestore del fondo M&G Global Emerging Markets. Oggi, ciò che veramente è interessante in questi mercati è l’emergere di società ben gestite che creano valore e che non si basano solo sul fattore costo. “Storicamente, molte società dei mercati emergenti hanno portato avanti una competizione con i loro concorrenti occidentali basata sul costo”, prosegue il gestore di M&G. “Questo sta cambiando e le aziende sono oggi competitive sulla base della qualità dei loro prodotti. Molte aziende stanno riconoscendo che non potranno contare in eterno su tassi di cambio, manodopera a basso costo e misure protezioniste, e che hanno bisogno di modelli di business sostenibili nel lungo periodo per avere successo. A livello operativo, i manager di queste società stanno implementando strategie aziendali sofisticate e incentrate sulla produzione di utili, dimostrando un’eccellente comprensione dei loro mercati di riferimento e adattando con successo i loro prodotti alle esigenze dei propri clienti”.  

..e di idee
Un altro segno di crescente maturità tra le aziende emergenti è la quantità di brevetti che depositano, cessando così di essere semplici esportatori di materie prime a basso costo e puntando a prodotti innovativi e sempre più avanzati. Un recente studio di McKinsey mostra che il numero di brevetti depositati dalle imprese dei paesi emergenti tra il 2000 e il 2010 è cresciuto ad un tasso annuo composto del 16% rispetto a solo il 5% in tutto il mondo industrializzato. Questi sforzi permettono alle imprese emergenti di strutturarsi come pionieri soprattutto in industrie ad alta tecnologia, fino ad arrivare in alcuni casi a spodestare i loro concorrenti nel mondo sviluppato.

Uno degli esempi emblematici di questo cambiamento è Samsung, società sud coreana di elettronica, che ha completato la transizione da follower a leader di mercato. Samsung ha cominciato la sua vita come una piccola azienda esportatrice, ma è diventata una delle più note aziende tecnologiche del mondo, producendo una vasta gamma di prodotti di alta qualità come telefoni e televisori, ma anche di semiconduttori. Ma non finisce qui. L’automobile più economica della storia è stata sviluppata in India, mentre secondo l’Organizzazione mondiale della proprietà intellettuale, in Brasile, Cina e Russia, ci sono le aziende più innovative al mondo nel settore dell’energia pulita.

Quotazioni a sconto
“Così, mentre gli investitori focalizzati su fattori macroeconomici reagiscono negativamente davanti ai deludenti dati di crescita, ce ne sono altri che invece si concentrano sulla rapida apparizione di imprese di qualità e con respiro globale”, afferma Burrows. “Inoltre, le azioni emergenti sono quotate con uno sconto del 10-15% rispetto a quelle dei mercati sviluppati, basandosi sul rapporto prezzo-utile, e offrono un dividend yield del 3,1% contro il 2% delle società occidentali”.

* Questo articolo è stato pubblicato su Tuttofondi in data 13 ottobre 2012. 

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Info autore

Valerio Baselli

Valerio Baselli  è Giornalista di Morningstar.

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