Indici su misura

L’innovazione degli Etf passa dai benchmark. La nuova frontiera delle strategie “Beta” scompone gli indici in base al rischio.

Valerio Baselli 16/04/2012 | 09:17
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Le chiamano Advanced Beta. Sono le strategie più recenti in termine di indici da replicare, che permettono di scomporre un indice tradizionale in sottoportafogli e di sovraponderare solo le parti desiderate. Benchè per il momento, la maggior parte di esse siano dedicate a grossi clienti isituzionali, il futuro della replica sembra andare verso questa direzione.

Un po’ di storia
Gli indici di mercato ne hanno fatta di strada. L’indice azionario più antico del mondo, il Dow Jones, nacque nel 1896, anche se allora contava solo 11 titoli e non 30 come oggi. In seguito, nella prima parte del ‘900 vennero creati i principali indici di Borsa mondiali. Nel 1975 venne lanciato il primo fondo comune d’investimento indicizzato. Negli anni ’80 ci fu una vera e propria proliferazione di indici di mercato, tutti ponderati per la capitalizzazione dei vari titoli. Nel 1985 nacque il primo fondo comune obbligazionario indicizzato disponibile ai retail. Negli anni ’90 fu lanciato il primo Etf. Negli anni 2000 gli indici hanno cominciato a superare il modello cap-weigheted (ponderazione basata sulla capitalizzazione di mercato), con ad esempio benchmark di tipo equal weight (tutti i titoli con lo stesso peso) e minimum variance (sottoinsieme dei titoli più liquidi in modo da minimizzare la volatilità).

 Adesso, l’industria degli Etf sta compiendo un ulteriore passo in avanti. “Le strategie Advanced Beta sono disegnate per catturare dei rendimenti diversi attraverso portafogli differenziati, oppure per esprimere una specifica visione di mercato, non raggiungibile attraverso la replica degli indici tradizionali ponderati per la capitalizzazione”, afferma Frédéric Jamet, responsabile investimenti di State Street Global Advisor in Francia.

Una questione di “fattori”
“I nostri clienti sono stati i primi a chiederci degli indici più specializzati, basati su una pluralità di fattori”, spiega Lynn S. Blake, responsabile investimenti di Global Equity Beta Solutions. “Ad esempio, indici che non si limitino a offrire il sottoinsieme dedicato alle small cap o alla strategia value. Ma che offrano i due insieme, possibilmente superando anche la ponderazione per capitalizzazione di mercato”.

Quando si parla di “fattori”, infatti, si intende di norma la valutazione di mercato, la capitalizzazione, il dividend yield, la liquidità o il settore di riferimento. Ovvero quelle discriminanti su cui si basa la strategia d’investimento (ad esempio investire in azioni small cap del settore tecnologico, o in titoli europei sottovalutati o in azioni dei paesi emergenti ad alta liquidità).

Ad ognuno il suo indice
L’approccio Advanced Beta, quindi, mira ad offrire l’esposizione a un mercato o segmento di mercato, impossibile da replicare attraverso gli indici tradizionali. Ad esempio, minimizzando quella parte di rischio (e quindi anche il premio connesso) non desiderato, a cui non ci si vuole esporre.

Tecnicamente è piuttosto complesso, ma semplificando si può spiegare così: partendo ad esempio dall’indice Msci World, lo si suddivide in diversi sottoportafogli, ognuno sulla base di un diverso fattore: volatilità, capitalizzazione, valutazione, momentum, settore, ecc. Dopo di che, si scelgono quali di questi portafogli, quindi quali di questi fattori, si vuole sovraponderare o sottoponderare sul proprio indice. Una volta costruito il proprio benchmark, viene replicato attraverso un Etf, mantenendo quindi i benefici della replica passiva. I costi di questi strumenti, in genere, sono più elevati a causa della maggiore attività di turnover rispetto ai benchmark cap-weighted.

Finestra sul retail
Come detto, la maggior parte di questi approcci oggi sono dedicati a clienti istituzionali e spesso cuciti su misura sulle loro esigenze. Ma qualcosa si sta muovendo: è infatti di pochi giorni fa la notizia del lancio in Italia dello SPDR S&P Euro Dividend Aristocrats Etf, replicante dell’omonimo indice che, partendo dai 1.500 titoli dello S&P Dividend Yield, ne seleziona solo 60 il cui peso singolo non può superare il 4%.

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Info autore

Valerio Baselli

Valerio Baselli  è Giornalista di Morningstar.

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