Le Borse mettono la retromarcia

La crisi politica in Grecia continua a pesare sui listini europei. Milano perde lo 0,89%. Scendono le banche. Deboli Fca e Saipem. New York in calo con i petroliferi dopo i tagli alle stime di produzione dell’Opec. 

Marco Caprotti 10/12/2014 | 17:41
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La Grecia continua a essere fonte di grattacapi. Le Borse europee hanno chiuso in territorio negativo, mentre gli investitori si sono interrogati sugli sviluppi della delicata situazione politica ellenica. Il mercato guarda con preoccupazione alle elezioni del nuovo presidente della Repubblica, indette il 17 dicembre con due mesi di anticipo rispetto al previsto. Se i partiti non riusciranno a trovare un compromesso nel corso delle tre sedute parlamentari previste il 17, 22 e 27 dicembre, c’è il rischio di andare a elezioni anticipate. In quel caso il timore è che prevalga il voto di protesta in favore di Syriza, il cui leader, Alexis Tsipras, ha più volte manifestato l’intenzione di cancellare gli accordi internazionali e il piano di riassetto finanziario del paese supervisionato dalla Troika.

A Piazza Affari, dove l’indice Ftse/Mib ha segnato -0,89%, sono andate giù le azioni delle banche, sempre molto sensibili alle notizie che possono condizionare la congiuntura. Deboli anche le Fca. A pesare sulle quotazioni della casa automobilistica è stata l’attesa per il bond convertendo da 2,5 miliardi. In discesa Saipem. La società dopo il Cda di oggi ha fatto sapere che ha avviato l’analisi delle attività 2015 alla luce dei nuovi possibili scenari di mercato. Maggiori indicazioni, però, arriveranno a febbraio. Per quanto riguarda l’evoluzione del progetto South Stream, l’azienda del gruppo Eni ha comunicato che “dopo la ricevuta notifica di sospensione dei lavori, la società aggiornerà il mercato non appena sarà in possesso di informazioni aggiuntive”.

New York negativa
All’indomani di una seduta contrastata, Wall Street viaggia in territorio negativo a causa, soprattutto, del ritorno delle vendite sui titoli legati al petrolio. L’Opec ha tagliato le stime sulla domanda globale di petrolio per il 2015 di 280mila barili al giorno. La riduzione, ha spiegato l’Organizzazione dei paesi produttori, risente di una minore crescita dei consumi e del boom dello shale oil negli Stati Uniti. Per quanto riguarda il barile, il Brent del Mare del Nord è sceso temporaneamente sotto la soglia dei 64 dollari (scadenza gennaio) segnando un prezzo di 63,91 dollari, per poi risalire a 64,12 dollari, con una flessione del 4,08%. Si tratta dei livelli minimi dal luglio 2009. Il Wti ha perso il 4,7% posizionandosi a 60,80 dollari, dopo essere arrivato fino a 60,63 dollari.

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Info autore

Marco Caprotti

Marco Caprotti  è Giornalista di Morningstar in Italia.

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