Fra equity e debito ci si mette il tapering

Gli investitori devono prepararsi a uno scenario con meno liquidità sui mercati. Si fa strada la strategia absolute return sui bond, mentre le azioni diventano una scelta controcorrente.

Marco Caprotti 18/11/2013 | 10:07
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Per investire sui mercati emergenti sono meglio le azioni o le obbligazioni? Per rispondere a questa domanda gli operatori rischiano di diventare strabici: con un occhio, infatti, bisogna seguire le dinamiche interne alle aree in via di sviluppo, mentre con l’altro si devono leggere le dichiarazioni della Federal Reserve in materia di iniezioni di liquidità all’economia Usa.

Il modello è cambiato
“I mercati emergenti non sono stati in grado di mantenere il modello di crescita caratterizzato dall’aumento delle esportazioni a causa della debolezza dell’occidente e della Cina”, spiega Dan Beharall, responsabile dell’Emerging markets debt di Ignis Am. “Per questo – e per riguadagnare competitività -  hanno portato avanti operazioni per svalutare le monete locali. Gli asset finanziari, nel frattempo, hanno avuto un calo dei prezzi per riflettere la nuova realtà. I mercati premieranno quei paesi che saranno stati in grado di portare avanti riforme strutturali per aumentare i tassi di crescita mentre puniranno quelli che non sono in grado rimettere in ordine i propri bilanci”.

Bond, meglio l’absolute return
In uno scenario del genere bisogna prepararsi bene prima di investire nel debito dei mercati emergenti. “In un’ottica di rapporto rischio-rendimento, un approccio absolute return è il metodo più efficace”, dice Beharall. “Gli investitori devono comunque considerare un investimento di questo tipo nel contesto generale dei loro obiettivi di asset allocation. Fra i pericoli cui vanno incontro, devono mettere la svalutazione della moneta e l’abbassamento del rating sulla qualità del debito”.

La scelta della valuta in cui investire può fare la differenza. “I bond denominati in divisa locale offrono prospettive migliori in un periodo di forte crescita globale o buona liquidità”, dice il responsabile degli emerging market di Ignis. “Quelli in dollari possono essere più sicuri in altri periodi. Partire da una strategia di tipo absolute return significa che l’investitore deve avere la flessibilità necessaria per scegliere l’allocazione appropriata”. Ma le opportunità, dove sono? “Al momento i bond dei mercati emergenti sembrano offrire buone potenzialità di creare valore”, risponde Beharall. “Tuttavia i rischi macroeconomici sono alti e questi portano a un forte livello di incertezza. Le scadenze brevi in Brasile ci sembrano interessanti, ma bisogna seguire attentamente le dinamiche dell’inflazione. Il quadro in Sud Africa è simile, con una Banca centrale aggressiva che reagisce velocemente se le prospettive del costo della vita cambiano. In altre regioni emergenti i rischi macro, uniti ai rendimenti dei Treasury e alla riduzione delle iniezioni di liquidità americane (il cosiddetto tapering, Ndr) potrebbero portare i bond emerging a soffrire”.

Gli effetti del tapering devono essere monitorati attentamente anche da chi vuole investire sull’azionario dei paesi emergenti. In generale, il mondo avrà a disposizione meno liquidità. Il capitale rimarrà scarso e anche le zone in via di sviluppo si devono preparare. L’imperativo per le aziende sarà quello di diventare più efficienti perché lotteranno per contendersi capitali sempre più scarsi.

L’esempio indiano
Un esempio di quello che potrebbe succedere - e di come muoversi dal punto di vista operativo - arriva dall’India, recentemente nominata terza maggiore economia mondiale, dopo Stati Uniti e Cina ma che, per raggiungere questo traguardo, per molti anni ha creato deficit. Di conseguenza, il tapering della Fed ha generato molti dubbi sulle capacità del paese di finanziare il suo attuale debito. “Il risultato è che la rupia indiana ha subito una correzione di quasi il 18% quest’estate. A settembre si è stabilizzata, con una rivalutazione di circa il 10% all’inizio di ottobre. Tuttavia, per sostenere questo andamento, la Banca centrale indiana ha messo in atto un’offensiva sui tassi d’interesse riducendo significativamente la liquidità”, spiega uno studio firmato da Kalpen Parekh, amministratore delegato di Idfc asset management (gruppo Natixis).

Scelte contrarian
Ma l’instabilità ha creato delle opportunità d’acquisto?  Secondo Parekh si sono aperte delle porte sui mercati azionari per gli investitori a lungo termine che desiderano costruirsi un portafoglio in un periodo come questo. “Si tratta di un approccio all’investimento un po’ contrarian, perché si acquista quando il flusso di notizie è negativo”, spiega Parekh. Il segmento dei titoli small cap offre valutazioni interessanti, vista l’importante correzione registrata durante gli ultimi mesi. “Nei primi cinque anni di mercato rialzista in India, iniziati nel 2003-2004, l’indice di questo mercato ha guadagnato circa il 15% rispetto al paniere large cap che è salito circa del 7%. Negli ultimi cinque anni questa divergenza si è esaurita”, dice Parekh. Non solo gli indici hanno registrato una convergenza, ma l’indice small cap ora ha un rendimento inferiore rispetto all’indice large cap. “Questo significa che, a livello di economia reale, le aziende più piccole sono in difficoltà perché la crescita sta rallentando e i tassi di interesse si stanno alzando da due anni. Potrebbero presentarsi molte opportunità per gli investitori pazienti che dovranno attendere fino al prossimo ciclo di business per prendere profitto”.

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Info autore

Marco Caprotti

Marco Caprotti  è Giornalista di Morningstar in Italia.

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