Un’assicurazione d’oro

Il metallo giallo mette al riparo dai cigni neri. Nel 2012 non ha regalato grandi soddisfazioni, ma conserva il suo valore rifugio.

Valerio Baselli 28/12/2012 | 11:12
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Lo scorso ottobre, in una delle riunioni periodiche del Fondo monetario internazionale e della Banca mondiale a Tokyo, il presidente della Federal Reserve, Ben Bernanke, ha dichiarato che i banchieri centrali delle economie emergenti dovrebbero astenersi dall'intervenire nei mercati valutari, consentendo in tal modo la rivalutazione delle proprie monete. Naturalmente, per una valuta che sale, ce n’è un’altra che scende. Non è infatti un caso che le politiche espansive della Fed puntino proprio a svalutare il dollaro, considerato troppo forte; questo, però, crea inflazione. Perciò molti investitori, timorosi di un ulteriore Quantitative easing e spaventati dallo spettro dell’inflazione, hanno sempre più puntato sull’oro per i loro portafogli. Il metallo giallo è storicamente un efficace copertura contro l’inflazione, anzi un dollaro in declino è positivo per i prezzi dell’oro.

Non siamo marziani
Warren Buffett, una volta disse: “L’oro viene recuperato scavando nel terreno in Africa o da qualche altra parte. Poi noi lo fondiamo assieme, scaviamo un altro buco, lo seppelliamo di nuovo e paghiamo delle persone per stare lì di guardia. Non ha alcuna utilità. Chiunque, guardandoci da Marte, si gratterebbe la testa”. Tuttavia, mentre i marziani si grattano la testa, molti investitori lo comprano. Le persone acquistano metallo giallo come protezione contro il tail risk, il rischio di coda, cioè quello generato da eventi molto improbabili con grandi implicazioni. Questi cosiddetti black swan, cigni neri, ultimamenti nemmeno così rari, portano di solito massicce vendite nel mercato azionario o iperinflazione.

Performance a tre cifre
“I dati storici più affidabili sul mercato aurifero sono quelli della London Bullion Market Association, che risalgono al 1973. Se regrediamo il prezzo dell’oro sui movimenti del mercato azionario e l’inflazione attesa fino al 1973, scopriamo che il prezzo aurifero risponde positivamente sia agli aumenti dell'inflazione sia al declino del mercato azionario”, commenta Micheal Rowson, analista Etf di Morningstar, in una nota.

“Il mercato azionario è sceso del 15% nel 1973 e di un ulteriore 26% nel 1974”, spiega l’analista. “Nel frattempo, l’inflazione è passata dal 3% nel 1972 al 9% nel 1973 per arrivare fino al 12% nel 1974. Durante questo intervallo, l’oro si è dimostrato una copertura dall’inflazione, salendo del 73% nel 1973 e del 66% nel 1974. Inoltre, l’oro ha di nuovo dimostrato il suo valore come copertura del rischio durante la recente crisi finanziaria, in aumento del 4% nel 2008, quando l’S&P 500 è crollato del 37%. Dal 2001 al 2011, invece, l’oro è aumentato del 450%, facendo impallidire l’S&P 500, che ha guadagnato solo il 30%”.

Verso quota 2.000
Dopo un 2012 senza troppe soddisfazioni, in cui il prezzo dell’oro è aumentato di circa il 3,3%, arrivando a 1.658 dollari l’oncia (al 27 dicembre), le previsioni per il 2013 sono positive. “Ci aspettiamo che possa salire verso nuovi massimi storici nella prima metà dell’anno, verso i 2.000 dollari l’oncia”, si legge in uno studio di IG Markets. “Nel secondo semestre il calo delle tensioni potrebbe portare a un sensibile rallentamento delle quotazioni. Solo un eccessivo deprezzamento del biglietto verde potrebbe evitare che si arrivi ai minimi del 2012. Verosimilmente un target medio annuo potrebbe essere intorno ai 1.800 dollari/oncia, con minimi sino in area 1.650 dollari”.

Quale ruolo in portafoglio
“Un’attività che si alza di valore quando la maggior parte delle altre calano è molto preziosa, può essere paragonata a una sorta di assicurazione. Per assicurarsi contro i momenti brutti (come i rischi di coda), la gente è disposta ad accettare delle piccole perdite nei periodi di congiuntura favorevole”, spiega Rawson. Per coloro che hanno deciso di acquistare l’oro, Morningstar ritiene che il 5% sia un peso adeguato. Uno studio di Ibbotson (società del gruppo Morningstar) suggerisce che si può arrivare in determinate circostanze fino al 7%.

Secondo l’analisi di Morningstar, un portafoglio classico suddiviso 60/40 tra azioni e obbligazioni avrà un rendimento leggermente più alto e un rischio leggermente più in basso, con una posizione del 5% in oro, con un conseguente maggiore rendimento corretto per il rischio. Dal 1973 a settembre 2012, un portafoglio dedicato al 60% allo S&P 500 e al 40% a bond governativi Usa a medio termine, ha avuto un rendimento annualizzato del 9,4% e una deviazione standard annualizzata del 9,9%. Aggiungendo una posizione del 5% di oro, e quindi riducendo le azioni al 58% e le obbligazioni al 37%, il rendimento annualizzato del portafoglio sale al 9,6% e la sua deviazione standard annualizzata scende al 9,4%.

L’offerta a Piazza Affari
Ci sono molti Exchange traded product (Etp, sigla che racchiude Etc, Etf ed Etn) quotati su Borsa Italiana. Occorre sempre tenere presente che le commissioni totali, espresse dall’indice Ter, sono un fattore chiave nella scelta del migliore Etp, soprattutto per un’esposizione a lungo termine.

Nella tabella sottostante ci sono tutti gli Etp auriferi quotati su Borsa Italiana, tradizonali, a leva o short, elencati secondo l’ordine decrescente di Ter.

Fonte: Morningstar Direct

 

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Info autore

Valerio Baselli

Valerio Baselli  è Giornalista di Morningstar.

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