La Bce non vuol bene alla Grecia

L'istituto centrale continua a supportare la politica e il sistema finanziario del paese. Ma, dicono gli operatori, per salvare Atene servono altre ricette. 

Marco Caprotti 22/11/2012 | 11:51
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Lo spettro della Grecia è tornato a tormentare le giornate dei risparmiatori e le riunioni dei ministri finanziari europei. Oltre undici ore di riunione martedì 20 novembre non sono bastate per trovare un accordo sui prossimi aiuti all’Ellade. Il presidente dell’Eurogruppo, Jean Claude Juncker, ha così deciso di interrompere i lavori e di riconvocare i 17 paesi per lunedì 26, con l’obiettivo di “permettere un ulteriore lavoro tecnico su alcuni elementi di questo pacchetto”.

I dubbi della Troika...
Il punto chiave, ha spiegato Juncker, resta quello della sostenibilità del debito pubblico greco, che secondo le previsioni di Bruxelles supererà il 190% del Pil nel 2014. Nel concedere il secondo pacchetto di aiuti da 130 miliardi, i partner internazionali (oltre agli stati dell’Eurozona, anche il Fondo monetario internazionale e la Banca centrale europea, la cosiddetta Toika) avevano fissato l’obiettivo di un debito al 120% nel 2020. Nelle ultime settimane l’Eurogruppo ha mostrato una disponibilità a concedere un rinvio di due anni mentre il Fondo monetario internazionale non intende accordare deroghe. Anche la Germania e i paesi del Nord Europea con un rating di tripla A si sono messi di traverso. Poi hanno ammorbidito la loro posizione facendo sperare ai mercati che una soluzione sia vicina.

Atene, la sua parte aveva provato a farla. Il Parlamento greco ha approvato il bilancio 2013 a maggioranza. Hanno votato a favore i soli deputati dei tre partiti che sostengono il governo Samaras: Nea Dimokratia, Pasok e Sinistra Democratica. Il bilancio è passato con 167 voti a favore (128 i contrari e quattro gli astenuti su 299) e comprende la controversa finanziaria 2013-2014, con i tagli di spesa per 13,5 miliardi chiesti dalla Troika come condizione indispensabile per la tranche di aiuti da 31,5 miliardi. Ma il quadro in cui si muove il paese dopo cinque anni di recessione, resta critico. Il prodotto interno lordo (Pil) della Grecia, secondo l’Istituto di statistica ellenico, nel terzo trimestre è sceso del 7,2%. La produzione industriale, intanto, è calata in settembre del 7,3%.

…e quelli del mercato
Quello che preoccupa gli operatori è la sensazione che le mosse fatte per tirare fuori la Grecia dalla palude in cui si è ficcata siano sbagliate. “La Banca centrale europea continua a dare supporto al sistema bancario e politico del paese”, spiega Andrew Balls, Managing director e responsabile dei portafogli europei di Pimco. “Questo tipo di aiuti, però non serve ad affrontare i problemi fondamentali che affliggono il paese e a rimetterlo in carreggiata. Serve solo a guadagnare del tempo”. A sistemare le cose, secondo l’operatore, dovrebbero provvedere la stessa Grecia e i governi dell’Eurozona. “Ma, per loro natura, le dinamiche politiche sono difficili da prevedere”, dice Balls. Un esempio si è avuto proprio con il meeting del 20 novembre dal quale tutti scommettevano sarebbe uscita la formula magica per sistemare Atene. “Sempre più spesso si arriva a un momento in cui un’uscita della Grecia dal perimetro di Eurolandia sembra l’unica soluzione possibile. Il paese potrebbe iniziare a stampare la sua moneta e, di fatto, si sgancerebbe dalla Bce”, dice l’operatore. “L’unico modo per evitare uno scenario del genere è che i paesi creditori rinuncino alle pretese di programmi lacrime-e-sangue e forniscano aiuti generosi. In questo momento, però, un atteggiamento del genere sembra improbabile”. 

A guardare con particolare preoccupazione alla situazione greca sono soprattutto i paesi più deboli: il Portogallo, l’Irlanda, ma anche l’Italia. L’uscita dall’euro di Atene farebbe scappare gli investitori che, per prima cosa, se ne andrebbero dagli stati più a rischio. La Grecia non potrebbe neppure essere aiutata dal piano Omt (transazioni monetarie dirette) lanciato a settembre dalla Bce, che prevede l’acquisto da parte della Banca centrale dei bond dei paesi in difficoltà che chiedono aiuto e che si impegnano a portare avanti pesanti riforme. Il piano, infatti, è stato disegnato per quegli stati che comunque riescono ancora ad ottenere soldi dal mercato, mentre l’Ellade viene considerata ormai fallita.

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Info autore

Marco Caprotti

Marco Caprotti  è Giornalista di Morningstar in Italia.

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