Marzo invernale per i fondi.

In Europa è stato uno dei peggiori mesi dal 2008 in termini di raccolta. Inflation linked e azionari Usa fanno eccezione

Sara Silano 28/04/2011 | 14:35
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Per l’industria europea dei fondi, la primavera non è arrivata. Secondo le statistiche di Morningstar, a marzo i deflussi da azionari, bilanciati, obbligazionari e alternativi (esclusi i monetari) sono stati pari a 5,1 miliardi di euro, uno dei peggiori risultati da novembre 2008. Solo maggio 2010 era stato peggiore con riscatti netti per 15,8 miliardi. L’Italia non ha fatto eccezione: in base ai dati provvisori di Assogestioni, il mese scorso il saldo è stato negativo per oltre un miliardo.

Via dagli azionari
E’ pesante soprattutto il bilancio per gli azionari (-4,8 miliardi), in particolare a causa dei deflussi dai fondi emergenti globali e dai Bric (acronimo di Brasile, Russia, India e Cina). Marzo ha confermato il trend dei precedenti due mesi, accentuato dal negativo andamento dei mercati (l’indice Msci World in euro ha perso il 3,6%, portando il rendimento da gennaio a -0,9%). Il terremoto in Giappone e il conseguente rischio nucleare hanno aumentato l’avversione al rischio degli investitori, ma le statistiche mostrano anche una rotazione dei portafogli legata ai timori di inflazione. 

Inflation-linked protagonisti
La raccolta a livello europeo, infatti, si è concentrata sui fondi inflation linked (euro), ossia quelli che investono in obbligazioni indicizzate al caro-vita. A marzo, i flussi sono stati pari a 1,1 miliardo a fronte di una performance a trenta giorni dello 0,2% (+1,2% da inizio anno). L’inflazione è sempre più al centro dell’attenzione. Il Fondo monetario internazionale ha recentemente alzato le sue stime, in particolare per i Paesi emergenti, principalmente a causa dell’incremento del prezzo del greggio e degli alimentari. Nelle economie sviluppate si prevede una media del 2,2% nel 2011; in quelle emergenti del 7%; anche se poi dovrebbe rientrare. Per raffreddare il surriscaldamento dei prezzi, la Banca centrale europea ha aumentato di un quarto di punto i tassi portandoli all’1,25% all’inizio di aprile, una mossa che alcuni hanno giudicato prematura, mentre altri la prima di una serie di strette che però saranno meno forti del previsto.

Gli Usa fanno eccezione
In questo clima di incertezza, gli Stati Uniti sono una voce fuori dal coro. Gli investitori europei, in fuga dall’azionario, non hanno comunque smesso di comprare i fondi specializzati sui titoli americani. La raccolta è stata di circa un miliardo di euro per quelli specializzati sulle società a larga capitalizzazione growth (ossia quelle con i più alti tassi di crescita), nonostante la debolezza del dollaro contro la divisa comunitaria si sia mangiata parte delle performance da inizio anno. La ragione, dicono gli esperti, è da ricercare nel recupero dei profitti aziendali, che è stato più rapido della ripresa delle vendite dopo la crisi. I conti aziendali sembrano aver fatto passare in secondo piano (almeno per il momento) la revisione dell’outlook sul debito pubblico americano da neutrale a negativo, deciso da Standard&Poor’s nei giorni scorsi.

L’Italia segue (abbastanza) la corrente
In Italia, secondo le statistiche provvisorie di Assogestioni, i riscatti hanno interessato soprattutto i fondi azionari, compresi quelli America, e obbligazionari governativi area euro. Non è disponibile uno spaccato per gli inflation linked, mentre emerge con evidenza la ricerca di maggiori rendimenti nei fondi che investono in corporate e high yield, che hanno reso rispettivamente lo 0,5 e il 3,2% dall’inizio dell’anno. Per avere un quadro più preciso, tuttavia, bisogna aspettare il rapporto trimestrale al quale partecipano un maggior numero di società estere. Gli attuali dati, infatti, sono distorti dai pesanti deflussi dai comparti di diritto italiano e dall’offerta delle sgr domestiche che è scarsa o assente in alcune categorie azionarie e obbligazionarie, come ad esempio i mercati emergenti e gli inflation-linked.

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Info autore

Sara Silano

Sara Silano  è caporedattore di Morningstar in Italia

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