Gli effetti nascosti dell'incidente BP

Le conseguenze del disastro petrolifero in corso nel Golfo del Messico si faranno sentire a lungo in tutto il settore energetico.

Marco Caprotti 13/05/2010 | 13:30
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“Non sarà solo BP a pagare per il disastro petrolifero in corso nel Golfo del Messico. La catastrofe avrà effetti pesanti: non solo dal punto di vista ambientale, ma anche da quello dell’industria energetica nel suo complesso”. Per l’analista di Morningstar Eric Chenowet, insomma, è inutile nascondersi dietro a un dito: a pagare non sarà soltanto la compagnia inglese che possedeva (al 65%) e gestiva la piattaforma estrattiva il cui crollo ha aperto una voragine sottomarina dalla quale escono tonnellate di petrolio ogni ora (per vedere l’intervista completa in lingua originale clicca qui).

Dato per scontato che, dal punto di vista finanziario, i primi a essere preoccupati sono i vertici e gli azionisti di BP che dovranno sopportare le condizioni peggiori, ci sono altri aspetti sui quali il mercato sembra non essersi concentrato abbastanza. “Primo fra tutti gli effetti di questo disastro nel settore della trivellazione”, spiega Chenowet. “Il Congresso americano potrebbe decidere di passare una legge draconiana per vietare le trivellazioni in mare o per renderle molto più costose”.

Di norma, quando un settore si trova a che fare con legislazioni troppo restrittive o cerca altre zone dove le normative sono più elastiche, oppure cerca di risolvere il problema attraverso migliorie tecnologiche che abbassino il costo delle operazioni. “In questo secondo caso dobbiamo capire quanto l’aspetto tecnologico sia importante per il settore”, continua l’analista. Un elemento importante è quello dei sistemi (e quindi del costo) per la sicurezza. “I sistemi che sono in uso oggi, evidentemente non sono sufficienti”, spiega Chenowet. “Questo significa che l’intero comparto energetico dovrà ripensare la strategia legata agli allarmi e agli interventi di emergenza. Due elementi che, al di la dei costi, richiederanno tempi lunghi”.

Un divieto all’utilizzazione degli impianti off shore avrebbe un impatto sul prezzo del barile. “Secondo le stime, la maggior parte degli aumenti delle forniture previsti per il prossimo decennio dovrebbe arrivare da pozzi sottomarini” dice l’analista. “Si tratta dei giacimenti più promettenti dopo quelli di alcuni Paesi dell’Opec”. La questione da affrontare non è agevole. “Le piattaforme off shore non sono solo al largo del Golfo del Messico” continua Chenowet. “Il Brasile, in questo senso, hanno grandi risorse da sfruttare. Dubito che accetterebbero di rallentare l’estrazione o di chiudere i pozzi sotto il mare. Non hanno ancora avuto incidenti e, quindi, probabilmente pensano di avere la capacità di prevenirli”.

L’elemento innovativo, in questa situazione, è che il disastro ecologico in corso può dare una spinta decisiva all’utilizzo delle energie alternative. “Alcuni consulenti del governo che lavorano in quest’area e con i quali abbiamo parlato ci hanno detto che quanto sta succedendo li sta aiutando”, conferma l’analista che, agli investitori interessati consiglia di guardare alle aziende che si occupano di energia solare come First Solar.

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Info autore

Marco Caprotti

Marco Caprotti  è Giornalista di Morningstar in Italia.

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