La pensione dentro la busta

Partirà nel 2010, in via sperimentale, l’utilizzo della “busta arancione”. Ma non per tutti.

Valerio Baselli 11/11/2009 | 09:12
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Nei primi mesi del prossimo anno potrebbe partire l’invio ai lavoratori della cosiddetta “busta arancione” (pratica importata dalla Svezia) da parte dell’Inps, con le stime della loro posizione individuale, ovvero lo stato del conto corrente previdenziale, le proiezioni sui tempi di maturazione dei requisiti per il pensionamento e il valore economico dell’assegno. Almeno, questa è la volontà più volte ripetuta dal ministro Maurizio Sacconi e riconfermata recentemente anche dal ministero del Welfare.

L’introduzione di questo nuovo meccanismo informativo risulta ancora più importante alla luce di alcuni, sconfortanti, dati. Come ha commentato il governatore di Bankitalia, Mario Draghi, durante una lezione tenutasi a Moncalieri (Torino), molti lavoratori sovrastimano le capacità dell

’attuale sistema pensionistico. Certo la scarsa comprensione dei meccanismi previdenziali si inquadra in un ben più ampio deficit di conoscenza. Non a caso, un’indagine condotta nel 2008 da Patti Chiari dell’Abi (Associazione bancaria italiana) individua in 3,5 in una scala cha va da 1 a 10 il livello medio di conoscenza degli strumenti finanziari in Italia.

Restringendo il campo alla sola previdenza integrativa, secondo una ricerca nata dalla collaborazione tra Cnel e Mefop e pubblicata nel gennaio 2009, la partecipazione ai fondi pensione risulta un po’ forzata, o quanto meno non pienamente consapevole. Essa verrebbe spinta più che altro dal contratto di lavoro, su suggerimento dell’azienda o del sindacato o anche solo per imitazione dei colleghi. Secondo lo studio, il 33% dei lavoratori non conoscerebbe nemmeno l’ammontare dei versamenti.

La busta arancione verrà inizialmente inviata a una specie di “area-test” di dipendenti che hanno iniziato a lavorare dopo il primo gennaio 1996 e che, quindi, rientrano nel puro sistema contributivo. Solo un ristretto numero, quindi, potrà verificare l’ammontare del cumulo dei contributi versati e la loro continuità in caso di passaggio da un ente all’altro, il valore della pensione futura e anche la quota che dovranno necessariamente investire in un fondo integrativo per poter contare su un tasso di sostituzione (vale a dire il rapporto tra pensione e media degli stipendi percepiti) sostenibile.

Quello che è certo è che per avere in Italia una copertura informativa completa di tutti i lavoratori attivi, servizio che in altri Paesi europei esiste già da anni, ci vorrà ancora un po’ di tempo.

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Info autore

Valerio Baselli

Valerio Baselli  è Giornalista di Morningstar.

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