Il promotore si rifà il trucco

Sempre meno promotori attivi. Nasce il nuovo Albo dei consulenti.

Valerio Baselli 15/10/2009 | 09:15
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I professionisti della finanza sono sempre meno. Da alcuni anni a questa parte, infatti, il numero di promotori finanziari attivi è costantemente in calo. Secondo i dati di Assoreti (Associazione delle reti di collocamento di strumenti finanziari) il numero di promotori è calato del 17% circa solo negli ultimi 18 mesi, proseguendo un trend iniziato nel 2002 (allora i promotori associati erano 36.600 contro i 26.000 di oggi).

Inoltre, sono sempre meno i giovani che si presentano alle sessioni d’esame professionale. “Questo perchè la professione presenta margini di reddito notevolmente ridotti rispetto a quelche anno fa”, commenta Pietro Ficai Veltroni, area manager di Banca Fineco. Inoltre, “molti promotori hanno perso credibilità agli occhi dei propri clienti negli ultimi tempi e

in questo campo la reputazione conta molto”. Per Germana Martano, direttore generale dell’Anasf (Associazione nazionale promotori finanziari), “questo calo è frutto della normalizzazione di un mercato che ha fatto segnare un picco di nuove leve a inizio 2000 e anche di alcune operazioni di riassesto degli intermediari, che hanno coinvolto diverse strutture della distribuzione”.

Insomma, la professione sembra aver perso il proprio appeal dopo il grande successo registrato nell’ultimo decennio del secolo scorso. La prospettiva di un lavoro complesso, difficile e precario nei guadagni funge da deterrente per una generazione di giovani lavoratori che cerca soprattutto certezze. Se si aggiunge inoltre che l’esame è cambiato, diventando più selettivo (lo dicono le percentuali di promossi: solo il 3% nella prima sessione 2009, circa il 20% nella seconda), si intuisce il perchè della fuga in atto. Una cosa è certa, la professione è diventata più complessa. Per Giovanni Marchetta, responsabile della rete promotori di Mediolanum, “i clienti hanno vissuto su un vero e proprio ottovolante dopo l’11 settembre e il crollo di Lehman Brothers, perdendo così la serenità necessaria per una programmazione a medio-lungo termine”. Sono in momenti come questi che il promotore si guadagna credibilità. Insomma, per Marchetti “il mercato è diventato molto selettivo, per questo serve una solida preparazione culturale e caratteriale”. Per la Martano, “oltre a standard qualitativi rigorosi, la differenza la farà anche l’investimento delle società nella preparazione dei propri futuri promotori”.

Ma un ridimensionamento quantitativo non coincide per forza di cose con un ridimensionamento qualitativo. Infatti, nonostante il numero di promotori sia decrescente, il peso degli stessi sul patrimonio totale del risparmio gestito è in crescita negli utlimi anni. Secondo le statistiche di Assoreti, infatti, si è passati dal 19% del 2003 al 27% del 2009 (dato al 30 giugno). Numeri, questi, che confermano comunque l’importanza delle reti nel collocamento di strumenti d’investimento in Italia

In ogni caso, c’è stata una specie di selezione naturale, infatti “il numero dei promotori è diminuito, ma sono rimasti quelli capaci e quindi la dimensione media del portafoglio gestito è aumentata”, spiega Ficai Veltroni, “perchè il bravo promotore è colui in grado di accompagnare il cliente durante la crisi senza nascondersi”. “Non bisogna poi dimenticare”, prosegue il manager Fineco, “che negli ultimi 4 o 5 anni i promotori hanno cominciato a gestire anche il risparmio amministrato, aumentando così i volumi”.

Se da un lato calano i numeri, dall’altro cambia la professione. La novità del settore sono i consulenti indipendenti, un po’ evoluzione e un po’ alternativa al classico promotore finanziario. Inoltre, negli ultimi anni si è imposto il cosidetto multibrand, cioè reti che distribuiscono prodotti d’investimento di più società. Cambiamenti, questi, che spingono sempre più i professionisti del settore ad affinare le proprie conoscenze e a dare sempre più spazio all’attività di consulenza.

Proprio sull’onda di questi cambiamenti strutturali, è stata approvata da ministero dell’Economia, Consob e Banca d’Italia la nascita di un apposito Albo dei consulenti indipendenti, dopo che la Mifid aveva già inserito la consulenza tra i servizi d’investimento.

“Questa nuova figura è sicuramente un vantaggio per il cliente in termini di trasparenza e di etica”, commenta Ficai Veltroni, “anche perchè non dovrebbe esser portatore di alcun conflitto d’interessi. Certo è anche una figura precaria in quanto non ha dietro nessuna struttura”. Anche Giovanni Marchetta è convinto che “il cliente si senta più sicuro con un’azienda alle spalle”. Germana Martano, infine, ricorda che “la grande differenza tra i promotori e i consulenti finanziari è che mentre i primi possono sostenere il cliente tanto offrendo il servizio di consulenza quanto quello di collocamento, separatamente o congiuntamente, ai consulenti il collocamento non è consentito”. Inoltre, “l’indipendenza la si giudica sul campo, per gli uni e per gli altri, non è un a priori”.

Articolo pubblicato su Tuttofondi in data 10 ottobre 2009.

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Valerio Baselli

Valerio Baselli  è Giornalista di Morningstar.

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