In questo quadro mancano le idee di investimento. Anche chi aspettava buone notizie sul fronte degli utili per il momento è rimasto deluso. L’unico elemento positivo, almeno per il momento precisano gli analisti, potrebbero essere i dividendi. Anche perché, ora come ora, è impossibile dire quando finirà la bonaccia. Per alcuni s
i tratta di aspettare fino a metà dell’anno. Per altri, i primi segnali di risveglio si avranno solo nel 2009.
Gli occhi degli investitori continuano ad essere puntati sulle prossime mosse della Banca centrale americana. La maggior parte degli osservatori dà per scontato un nuovo taglio dei tassi di interesse, anche se le prospettive di inflazione sono alte. “La priorità della Fed è ed è sempre stata quella di garantire la crescita”, spiega Victor Sperandeo, amministratore delegato di Alpha Financial Technologies e uno dei più conosciuti trader mondiali. “A differenza della Bce non si pone problemi di inflazione ma solo di come far ricominciare a correre l’economia. Agli americani interessa avere soldi in tasca. Questo è ancora più vero adesso che siamo in periodo di campagna elettorale. Nessun politico ha intenzione di rischiare la poltrona appoggiando manovre che potrebbero influire negativamente sulla capacità di spesa delle aziende e delle famiglie”.
Europa L’indice Msci del Vecchio continente nell’ultima ottava ha perso lo 0,43%. Anche da questa parte dell’Oceano si fanno i conti con quello che succede negli Stati Uniti. Ma la situazione è complicata dagli utili aziendali che stanno riservando delle delusioni. Il colosso tedesco delle utility Rwe, per esempio, nel 2007 ha avuto una perdita di 168 milioni di euro contro un utile netto di 1,76 miliardi nel 2006. Il risultato ha colto di sorpresa anche gli analisti che si aspettavano un bilancio positivo.
A complicare il quadro ci si è messo il prezzo del petrolio che, con una fiammata, si è portato sopra i 100 dollari al barile. I maggiori costi energetici, sottolineano gli analisti, hanno due aspetti: da una parte aumentano le spese delle aziende; dall’altra fanno crescere l’inflazione. Il tutto si traduce in un rallentamento dell’economia di Eurolandia e in un aumento dell’inflazione. Due elementi che riducono le possibilità di manovra della Bce.
Asia L’indice Msci della regione nelle ultime cinque sedute ha perso circa lo 0,5%. Da inizio anno ha lasciato per strada più del 9% e continua ad essere negativamente influenzata da quello che succede negli Stati Uniti. Sia che si tratti di rallentamento sia che si parli di recessione a farne le spese sono soprattutto le aziende legate all’export per cui gli Usa rappresentano il principale mercato di sbocco. Detto in soldini: se gli americani soffrono chi comprerà i beni prodotti in Asia?
Più complessa la situazione in Giappone dove l’indice Msci nell’ultima settimana ha guadagnato lo 0,2%. Il Sol levante, oltre ai problemi tipici del resto dell’Asia ha a che fare con la crisi del sistema creditizio (particolarmente esposto ai subprime) e, più in generale, con un’economia che stenta a ripartire seriamente.
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