Duello asiatico

Il mercato indiano è ai massimi storici, grazie al processo di modernizzazione del paese che si traduce in imprese profittevoli ed elevati margini di crescita. Per David Chatterjee, gestore del fondo Pictet Indian Equities, il paese esce vincente dal confronto con la Cina, che nei prossimi anni perderà qualche colpo.

Maria Grazia Briganti 17/08/2005 | 23:37
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Cosa significa investire in India attualmente?

L’economia è ancora in una fase di sviluppo, con un Prodotto Interno Lordo (Pil) pro capite di 500/600 dollari Usa (la metà della Cina e un trentesimo rispetto agli Stati Uniti), ma il potenziale di crescita è enorme. Poi valgono le stesse motivazioni tipiche dei mercati emergenti: una democrazia e un sistema giuridico funzionante, oltre che una forte crescita demografica.

Tuttavia l’India si distingue anche per l'abbondanza di una forza lavoro istruita e di lingua inglese e per la qualità della corporate governance delle società: nessun paese può

essere esente da scandali societari, ma lo spessore del management indiano, considerando il basso livello di sviluppo economico, emerge nettamente.

Quali sono i rischi che possono correre gli investitori ?

Per lungo tempo la crescita del Pil è stata apprezzabile, ma non spettacolare. Il processo di liberalizzazione dell'economia a partire dagli anni '90 ha permesso significativi passi avanti, nonostante l'avvicendarsi dei governi, ma i rischi politici, che potrebbero rallentare il processo delle riforme, sono sempre in agguato.

D'altra parte, il panico sui mercati azionari indiani a maggio 2004, quando il Bharatiya Janatha Party è stato sconfitto e il partito del Congresso è salito al potere in coalizione con i comunisti, si è rivelato un'ottima opportunità di acquisto e le azioni hanno registrato un forte rimbalzo.

Inoltre, gran parte dei capitali non proviene da investitori con esperienza sui mercati emergenti, ma da operatori che si affacciano sull’India per la prima volta, allettati da facili profitti. Questo significa che il mercato, in caso di notizie negative, è esposto a maggiori oscillazioni dettate dall’emotività.

Come sta rispondendo l’economia indiana alla forza della Cina?

L’India è considerato un paese altrettanto forte, ma più nel settore dei servizi che in quello manifatturiero, più nel software e nella farmaceutica, che nell’industria pesante. L’integrazione dell’India e della Cina nella WTO alcuni anni fa, aveva generato molti timori nelle aziende indiane, che però hanno dimostrato di essere in grado di sostenere la concorrenza.

In diversi settori, come quello delle motociclette, della fusione dei metalli e dei prodotti chimici, oltre che nei software, le aziende indiane giocano un ruolo importante su scala globale e negli ultimi tre anni è percepibile il miglioramento della fiducia. Ciò che le frena è la carenza delle infrastrutture interne, dove si registrano miglioramenti lenti.

D'altro canto, la dinamica demografica cinese subirà un deciso peggioramento nei prossimi due decenni, poiché la politica del «figlio unico» si tradurrà in una diminuzione della forza lavoro in presenza di una popolazione con età media più elevata –la situazione opposta a quella che ci si potrebbe aspettare da un’economia emergente.

I problemi strutturali cinesi -eccesso di investimenti, ingenti crediti in sofferenza delle banche, impegni pensionistici del governo, oltre a un futuro passaggio non organizzato del potere comunista- si tradurranno in rischi e porteranno a una ribaltamento dei giudizi a favore dell'India nei prossimi anni.

Quali sono le altre differenze con gli altri paesi asiatici?

L’India ha evitato la «crisi asiatica» del 1997/98 perché non ha mai vissuto la fase di eccesso di investimenti e il management non aveva accumulato l’indebitamento che ha soffocato molte aziende nella regione. Ciononostante, la crescita economica ha impiegato tempi altrettanto lunghi e solo ora le aziende indiane stanno iniziando ad aumentare i loro programmi di spesa per gli investimenti.

Quali sono le vostre previsioni per l’area?

L'afflusso di capitali esteri continua a sostenere il mercato. Le valutazioni sono leggermente tirate per alcuni titoli, ma il surriscaldamento ci preoccupa meno dopo i buoni dati trimestrali in diversi settori. Anche se i monsoni sono sempre un problema, viste le condizioni della rete di irrigazione, e l’impatto delle piogge devastanti nel Gujarat e Maharashtra è ancora evidente.

L’India importa grandi quantità di petrolio e la continua salita delle quotazioni del greggio è un forte freno per l’economia. Nel complesso le prospettive di mercato rimangono favorevoli, ma dobbiamo essere selettivi, guardando ai singoli titoli anziché effettuare scommesse settoriali. I comparti dell’energia, dell’ingegneria, dell’automobile, della farmaceutica e del software presentano opportunità interessanti, ma è importante essere pronti a reagire alle occasioni che possono essere offerte da una correzione.

Il mercato è ai massimi storici, anche se ciò è giustificato dalla redditività delle aziende, e bisogna essere disposti ad affrontare la volatilità di breve periodo per potere essere sicuri di beneficiare delle genuine prospettive a lungo termine del Paese.

Le informazioni contenute in questo articolo sono esclusivamente a fini educativi e informativi. Non hanno l’obiettivo, né possono essere considerate un invito o incentivo a comprare o vendere un titolo o uno strumento finanziario. Non possono, inoltre, essere viste come una comunicazione che ha lo scopo di persuadere o incitare il lettore a comprare o vendere i titoli citati. I commenti forniti sono l’opinione dell’autore e non devono essere considerati delle raccomandazioni personalizzate. Le informazioni contenute nell’articolo non devono essere utilizzate come la sola fonte per prendere decisioni di investimento.

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Info autore

Maria Grazia Briganti  è stata editor & analyst di Morningstar Italy

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