La zavorra dei tassi brasiliani

L’indecisione della Banca Centrale del Brasile ha frenato l’andamento della Borsa di San Paolo. Meglio le altre piazze dell'area, guidate dalla ripresa del tradizionale legame tra Stati Uniti e Messico e l’accordo tra l'Argentina e il Fmi.

Fernando Luque 26/03/2004 | 11:34
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Le piazze finanziarie dell’America Latina hanno continuato a mettere a segno rendimenti superiori a quelli dei mercati sviluppati. Da inizio anno (al 22 marzo) l’ MSCI Latin America ha guadagnato il 2,7% (in dollari), rispetto a una flessione dello 0,6% dell’indice MSCI World.

Tuttavia l'andamento è stato contrastato e meglio sono andate le altre Borse emergenti, con l'MSCI Eastern Europe e l’MSCI Asia saliti rispettivamente del 19,2% e del 4,4%.

Un taglio atteso per oltre due mesi

A pesare sui risultati della regione sono state le performance della Borsa brasiliana, che da inizio anno cede quasi il 5%. Secondo

Juan Ignacio Katz, gestore del fondo ABN Amro Latin America Equity Fund, sono stati due eventi, in particolare, a guidare il cattivo andamento del listino. Innanzitutto l’attendismo della Banca centrale, che ha mantenuto invariati i tassi per oltre due mesi, nonostante la debolezza dell’economia (il Prodotto Interno è sceso dell’1% nel 2003).

Il taglio si è avuto solo il 17 marzo, di 25 basis point, che ha portato i tassi di riferimento al 16,25%. Inoltre, secondo il gestore, a pesare sul mercato sono state le notizie negative circa alcune pratiche finanziarie poco chiare messe in atto dal Partito del Presidente Lula da Silva durante la campagna elettorale. Il mercato teme che questo incidente politico possa sfociare in una investigazione parlamentare con conseguenze negative sull’immagine del Governo.

La situazione mostra comunque segnali di miglioramento. L’inflazione è sotto controllo e lo scorso mese ha toccato il 6,7% su base annuale rispetto al 9,3% del 2003 e l’obiettivo del 5,5% previsto per quest’anno che, se dovesse essere centrato, darebbe spazio a ulteriori tagli. Dello stesso parere James Gotto, gestore del fondo Schroder ISF Latin American, il quale spiega che “mentre i recenti dati sull’inflazione sono stati leggermente deludenti, ci attendiamo che la Banca Centrale continui a ridurre i tassi di interesse nei mesi a venire, per supportare i consumi domestici”. Il gestore inoltre ritiene che gli elevati prezzi dei beni materiali sosterranno la crescita nel 2004. Tuttavia, sarà importante vedere come il paese reagirà a un aumento dei tassi negli Usa.

I driver della ripresa messicana

Il Messico, al contrario, si è rivelato il mercato migliore dell’area da inizio anno, con un guadagno del 14,3% (in dollari). La spiegazione di alcuni analisti è il ristabilito legame perduto tra l’economia americana e quella messicana. Uno strategist di Morgan Stanley ha commentato che “dopo il difficile primo trimestre del 2003, quando la produzione industriale americana è salita e quella messicana è invece diminuita, le due serie hanno ripreso a muoversi insieme”.

Nel 2003 il mercato ha guadagnato solo il 30% rispetto al 67% messo a segno dall’intera regione, anche a causa di alcuni timori relativi alla competizione cinese e alla forza del peso. È naturale infatti che senza una forte domanda da parte degli Usa, dalla quale il Messico dipende, la crescita economica del paese è destinata al fallimento.

Gotto è infatti piuttosto cauto circa le prospettive del paese per il quale “c’è la possibilità di una stretta monetaria nel breve termine per controllare l’inflazione e limitare le negoziazioni salariali. Un fattore da non trascurare per gli effetti propulsivi sulla domanda domestica, sebbene una ripresa manifatturiera guidata dagli export sarebbe più importante. Il settore manifatturiero pesa per un terzo sul mercato del lavoro messicano e le prospettive di una crescita nell’occupazione, come suggerito dal recente rialzo della produzione industriale, dovrebbe supportare i consumi nel momento in cui le condizioni monetarie diventano più stringenti”.

Nuovo prestito per l’Argentina

L’Argentina sta ancora registrando forti rialzi. Dopo aver guadagnato quasi il 100% in dollari, la Borsa di Buenos Aires ha macinato un altro 13,5% da inizio anno. La notizia positiva è il recente accordo con il Fondo Monetario Internazionale che fornirà al paese un prestito di circa 3,1 mld di dollari. In contropartita, il governo argentino, guidato da Nestor Kirchner, dovrà negoziare il pagamento del debito in default. Attualmente le autorità hanno offerto solo 25 centesimi per ciascun dollaro; offerta rifiutata dal Fmi e dai creditori che chiedono almeno 65 centesimi di euro.

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Fernando Luque

Fernando Luque  es el Senior Financial Editor de www.morningstar.es

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