La contrapposizione del mercato

Tra il nero pessimismo dei risparmiatori e il roseo ottimismo degli investitori istituzionali esiste un interregno meno noto, ma in cui forse risiedono le valutazioni più probabili.

Maria Grazia Briganti 30/08/2002 | 18:36
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Le ragioni dei pessimisti. Gli umori di chi subisce la crisi dei mercati e la stagnazione economica mondiale sono sempre più neri. Basta guardare gli indici sulla fiducia diffusi in settimana: da quello dei consumatori americani –il Conference Board, sceso da 97,4 a 93,5 punti- all’Ifo tedesco - che misura lo stato d'animo degli imprenditori tedeschi e tornato ai livelli di sei mesi fa- a un sondaggio Gallup-Ubs svolto tra i risparmiatori dei cinque maggiori paesi dell’Unione, il cui risultato è stato negativo. Tutti non lasciano dubbi sul grado di pessimismo verso il sistema finanziario ed economico generale.

E come dare torto ai risparmiatori mentre si entra nell’ultimo quadrimestre di un anno in cui si è visto praticamente di tutto, dagli scandali contabili, al fallimen

to di molte società legate alla new economy, ad una recessione che coinvolge tutto il mondo e che ha bruciato miliardi di dollari, dimezzando la ricchezza di chi aveva affidato i suoi risparmi alle Borse?

Le ragioni degli ottimisti. Eppure tale pessimismo, che si traduce in una fuga dai mercati azionari, in una corsa al mattone, all’oro, ai titoli obbligazionari e ai prodotti del mercato monetario, si scontra in qualche modo con l’accentuato ottimismo degli investitori istituzionali, come i gestori dei fondi europei, che sono convinti della prossima fine dell’Orso, già entro il 2002. Secondo il sondaggio European Fund Trends, infatti, condotto a metà agosto da Morningstar tra 50 grandi asset manager europei, i dati macroeconomici americani dei prossimi mesi confermeranno una lenta, ma già avviata ripresa e gli utili aziendali relativi al terzo trimestre 2002 saranno più confortanti.

Il 90% dei money manager interpellati ritiene che i migliori rendimenti da qui a un anno proverranno dai mercati azionari e quasi la metà stima che il rialzo delle Borse mondiali (espresso dall’Msci World) supererà il 10%. A livello settoriale, saranno le società del comparto finanziario (preferite dal 34% dei gestori) a recuperare maggiormente, mentre in discesa viene visto il settore immobiliare, giudicato dal 48% del campione il peggiore nei prossimi 12 mesi.

Né bianco, né nero. Tra le due visioni, quella di chi vive il mercato quotidianamente e chi invece ne subisce in qualche modo le conseguenze, una terza più moderata e meno emotiva.

Basta guardare indietro di un anno, quando all’indomani della tragedia delle due Torri più di qualcuno aveva pronosticato che tra le macerie era crollata anche l’economia americana e che ci si preparava alla stagnazione. Ma è chiaro che l’impatto economico e finanziario degli attacchi è rimasto contenuto, che ci troviamo di fronte a un andamento debole, ma non allo stremo delle forze e che l’economia è più forte agli shock esterni di quanto si possa credere.

Ad oggi i mercati sono più facilmente soggetti ad attacchi di panico del passato e per ragioni che solo in minima parte sono legate ai fondamentali economici: mentre l’economia è rimasta sostanzialmente stabile dall’11 settembre, i mercati finanziari hanno sperimentato una volatilità che il più delle volte ha trovato giustificazione in fattori psicologici e in cui la componente speculativa ha giocato un ruolo non secondario.

Data dunque la forza della variabile emotiva, riuscirà il dichiarato ottimismo dei gestori, che pure muovono ingenti volumi sui mercati, a innescare il necessario circolo virtuoso?

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Maria Grazia Briganti  è stata editor & analyst di Morningstar Italy

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