Il venture capital crede nel fintech italiano

Nel 2021, c’è stato un numero record di operazioni per un controvalore di 214 milioni di euro. Sono numeri più piccoli rispetto all’Europa, ma l’Italia tiene il passo. Entrano nuovi investitori e le banche sono sfidate da start up e sistemi di finanza decentralizzata.

Sara Silano 22/02/2022 | 07:26
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Scalapay ha introdotto un metodo di pagamento che permette al cliente di acquistare nei negozi online e fisici, ricevendo immediatamente i prodotti e pagando in tre rate uguali con scadenza mensile. Fondata nel 2019, oggi ha una valutazione di 700 milioni di dollari (circa 617 milioni di euro, dati a settembre 2021) e si avvicina alla soglia del miliardo che la qualificherebbe come “unicorno”, un traguardo raggiunto solo da quelle società che riescono a decollare, grazie a innovazioni dirompenti o la capacità di essere pionieri in un settore o di rendere più facile la vita alle persone. Conio è una App che permette di acquistare, vendere e conservare Bitcoin. Credimi è una piattaforma per finanziamenti digitali alle imprese che ha l’obiettivo di rendere semplice e veloce l’accesso al credito per le piccole e medie aziende.

Sono solo alcuni esempi di società fintech, termine con il quale si indica la fornitura di prodotti e servizi finanziari utilizzando le più avanzate tecnologie dell’informazione e della telecomunicazione. Sono tutte realtà italiane e non sono nate in seno alle banche tradizionali, ma finanziate dai venture capital, ossia da fondi di investimento che mettono capitali per avviare e far crescere attività in cui vedono elevati potenziali di sviluppo e innovazione.

Potremmo fare altri esempi di start up fintech italiane di successo, il cui finanziamento passa dai mercati privati, piuttosto che dai canali tradizionali bancari. E’ un universo poco conosciuto in un sistema finanziario ancora dominato dagli istituti di credito, ma con numeri interessanti, come è emerso in un incontro sugli “Investimenti per lo sviluppo del fintech” organizzato nell’ambito del 28° congresso Assiom Forex lo scorso 11 febbraio.

I numeri del venture capital nel fintech italiano
Secondo i dati di Pitchbook, nel 2021, in Italia c’è stato un numero record di operazioni di venture capital nel fintech (22), nonostante il difficile periodo della pandemia di Covid-19. Dieci anni fa, le operazioni erano nell’ordine di una o due all’anno. Rispetto al 2020, c’è stata una sola operazione in più, ma ogni deal ha beneficiato di una quantità di capitale investito decisamente maggiore. Il valore, infatti, è passato da 75,67 milioni di euro a 214,10 milioni. Nel 2010 era stato di appena tre milioni.

Venture capital: numero di operazioni nel fintech e valore in Italia

Venture capital: numero di operazioni nel fintech e valore in Italia

Fonte: Pitchbook. Dati in euro al 2 febbraio 2022.

I numeri sono più piccoli di quelli europei, ma il Belpaese tiene il passo. Nel Vecchio continente, nel 2021, le operazioni sono state 1.274 per un valore di 25,23 miliardi di euro. Nel 2020 erano state 955 per un ammontare di 8,41 miliardi di euro.

Start up di successo
Il fintech è solo una parte degli investimenti del venture capital in Italia. Nel 2021, ci sono state 214 operazioni di finanziamento di start up per un valore di oltre un miliardo di euro, contro i 416,8 milioni dell’anno precedente, un livello che non si era mai visto prima (dati Pitchbook). Tra le aziende di maggior successo, c’è Casavo che permette di acquistare e vendere case online. Fondata nel 2017 ha raccolto oltre 500 milioni di dollari (al 23 novembre 2021) e ha una valutazione di 194,16 milioni (al 5 febbraio 2021, dati Pitchbook). Un altro esempio è newcleo, la startup del fisico Stefano Bruno, nata nel 2021, che intende sviluppare una tecnologia nucleare pulita e sicura. La società ha raccolto subito in partenza 118,84 milioni di dollari (a fine agosto 2021).

Exit e nuovi investitori
Il fermento nel venture capital in Italia si vede anche dall’andamento della fase di uscita (exit), ossia quella in cui l’investitore liquida la sua partecipazione nella start up, spesso a fronte della quotazione in Borsa o di una acquisizione o fusione. Nel 2021 ha interessato 115 realtà contro le 67 dell’anno precedente, per un valore di 15,8 miliardi di euro. I numeri sono più piccoli di quelli europei (1.114 exit per 143,8 miliardi), ma seguono un analogo trend di crescita.

La dinamicità dei mercati privati sta attraendo nuovi investitori. “Fondi di private equity, fondi pensione e sovrani, oltre a I-Banks e Corporate venture capital (CVC, dipartimenti di aziende mature e consolidate che fanno start up scounting, ossia cercano di inglobare o espandere business innovativi in segmenti dove sono deficitari, Ndr) sono sempre più presenti nell’ecosistema del venture capital”, ha detto Federico Bussolin, Business development manager di Pitchbook al congresso Assiom Forex. “Nel 2021 abbiamo contato in Europa oltre 2.600 operazioni da investitori ‘non tradizionali’ per un valore di 59 miliardi di euro. Questo significa un maggior apporto di capitali ed esperti locali che supportano le start up nell’espansione. Il risultato è stato di 40 nuovi unicorni (circa il doppio rispetto al 2020) per un totale di 95 a fine 2021”.

Unicorni in Europa e valore stimato a seguito dell’investimento (in miliardi di euro)

Unicorni in Europa e valore stimato a seguito dell’investimento (in miliardi di euro)

Margini di crescita
Nonostante i numeri in crescita, il fintech non è ancora tra i settori più in espansione ed è lontano dai volumi medi delle operazioni che il venture capital realizza nell’industria del software, farmaceutica o biotech. Come ha ricordato Marco Giorgino, direttore scientifico dell’Osservatorio fintech e insurtech del Politecnico di Milano nell’intervento al congresso Assiom Forex, le dimensioni delle start up fintech in Italia sono inferiori alla media delle start up e tra gli investitori ci sono pochi operatori molto attivi e il resto del mercato è silente. Strumenti come i Pir alternativi (Piani individuali di risparmio), ha detto il professor Giorgino, “dovrebbero guardare anche al fintech. Con più risorse si può fare più innovazione”.

Le regole del gioco
L’industria finanziaria sta attraversando un periodo di grandi cambiamenti, con nuovi attori che entrano nel settore aumentando la concorrenza. Le banche sono sfidate da start up fintech e sistemi di finanza decentralizzata (DeFI) basata su protocolli informativi per la conclusione di contratti su blockchain, che non hanno bisogno degli intermediari tradizionali. Gli asset digitali, come le criptovalute, si affiancano a strumenti tradizionali come le azioni e le obbligazioni. La trasformazione offre opportunità, ma richiede anche alle autorità di vigilanza di “rivedere la cassetta degli attrezzi”, come ha detto Alessandra Perrazzelli, vice direttrice generale di Banca d’Italia al congresso Assiom Forex. “Servono regole del gioco che favoriscano l’innovazione, ma chiariscano anche diritti e doveri dei partecipanti. Occorrono metriche di misurazione dei rischi in tempo reale e un rafforzamento della cooperazione tra le authority internazionali, perché le nuove tecnologie abbattono le barriere”.

 

 

 

 

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Info autore

Sara Silano

Sara Silano  è caporedattore di Morningstar in Italia

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