Il cielo è tutt’altro che sereno sopra gli emerging markets. Se i paesi sviluppati si trovano a dover gestire un 2020 orribile e un altro paio di anni magri, per i mercati in via di sviluppo – che non possono contare su un sistema sanitario solido ed equipaggiato, e in molti casi nemmeno su di una risposta politica adeguata – il conto potrebbe essere molto più salato.
Gli investitori lo hanno capito e non ci hanno pensato due volte a abbandonare la nave. Gli Exchange traded fund domiciliati in Europa appartenenti alla categoria Azionari Globali Mercati Emergenti hanno visto deflussi netti di oltre 5,6 miliardi di euro tra febbraio e giugno. La stessa dinamica ha interessato il reddito fisso, con circa 4,2 miliardi di riscatti netti dagli ETF Obbligazionari Paesi Emergenti Valuta Locale nello stesso periodo. A onor del vero, entrambe le categorie sono tornate in territorio positivo – seppur modesto – in termini di raccolta nel mese di agosto, con 353 e 148 milioni di flussi in entrata, rispettivamente.
D’altra parte, dando uno sguardo al rapporto prezzo/utili (P/E), si nota chiaramente come i mercati emergenti globali stiano viaggiando a delle valutazioni che non sono mai state tanto basse nell’ultimo decennio, il che potrebbe far gola a quegli investitori con appettito per il rischio e un orizzonte temporale di medio-lungo periodo.
Le informazioni contenute in questo articolo sono esclusivamente a fini educativi e informativi. Non hanno l’obiettivo, né possono essere considerate un invito o incentivo a comprare o vendere un titolo o uno strumento finanziario. Non possono, inoltre, essere viste come una comunicazione che ha lo scopo di persuadere o incitare il lettore a comprare o vendere i titoli citati. I commenti forniti sono l’opinione dell’autore e non devono essere considerati delle raccomandazioni personalizzate. Le informazioni contenute nell’articolo non devono essere utilizzate come la sola fonte per prendere decisioni di investimento.