La busta arancione? “Inutile”

Il professor Gianni Geroldi si dice “scettico” sulla reale utilità della comunicazione contenente la proiezione della pensione futura per i giovani, anche tenuto conto della natura del mondo del lavoro attuale. Potrebbe invece avere senso dai 55 anni in su.

Valerio Baselli 13/02/2020 | 11:31
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Buongiorno e benvenuti. Ci troviamo a Roma dove è appena stato presentato il Settimo Rapporto sul Bilancio del Sistema Previdenziale italiano a cura del Centro Studi e Ricerche Itinerari Previdenziali.

A margine dell’incontro abbiamo incontrato il professor Gianni Geroldi, ordinario di Economia all’Università di Parma e membro del Comitato tecnico scientifico Itinerari Previdenziali, il quale ci ha dato il suo parere sulla cosiddetta “busta arancione”, cioè una comunicazione periodica che lo Stato dovrebbe inviare ai cittadini contenente le più importanti informazioni sulla loro situazione previdenziale.

Queta pratica prende il nome dalla Svezia, primo paese al mondo a implementarla fin dagli anni ‘90, dove il colore della busta era appunto l’arancione. L’Inps, sotto la presidenza di Tito Boeri, l’aveva introdotta per quattro milioni di lavoratori nel 2015. Attualmente, è stata sospesa.

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Valerio Baselli

Valerio Baselli  è Giornalista di Morningstar.

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